La poesia: rime nuove rime antiche
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caniglia
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Un giorno ch’io versavo amare lacrime; che, disciolte in dolore,
fluivano scomparendo tutte le mie speranze; e me ne stavo
solitario presso l’arido tumulo in cui, sepolta entro un angusto
spazio, era l’essenza della vita mia; solitario cosí come nessuno
fu solitario al mondo, premuto da un indicibile sgomento, ridotto
a non essere ormai se non il senso stesso della disperazione;
come giravo attorno supplichevole gli sguardi, e non
potevo muover passo né innanzi né indietro; e m’avvinghiavo
con anelito senza fine alla vita che mi fuggiva spenta; discese
dalle azzurre lontananze, giú dai vertici della mia beatitudine
trascorsa, un brivido crepuscolare.
Si strappò, di colpo, ogni legame fra la nascita e me. Fu
la catena della Luce, infranta. La malinconia confluí entro un
nuovo imperscrutabile mondo. E tu, Estasi notturna, e tu, Sonno
divino, sopravveniste.
Il paesaggio, intorno, si sollevò a poco a poco. Sul paesaggio
aliò, dissolvendosi, il mio spirito risorto. Il tumulo si
sfece in una nuvola di polvere. E oltre la nuvola io vidi, trasfigurato,
il vólto dell’Amata. Negli occhi, Le riposava l’Eterno.
Presi le mani Sue. Il pianto divenne, tra di noi, un rifulgente
vincolo infrangibile. Millenni furono spazzati in lontananza, come
uragani. Piansi al suo collo l’estasi di quella vita nuova. Fu
il primo, unico sogno. E da quell’attimo soltanto, s’infuse in
me una fede immutabile, eterna, nel Paradiso della notte.
E nella Luce sua: l’Amata.
Novalis
fluivano scomparendo tutte le mie speranze; e me ne stavo
solitario presso l’arido tumulo in cui, sepolta entro un angusto
spazio, era l’essenza della vita mia; solitario cosí come nessuno
fu solitario al mondo, premuto da un indicibile sgomento, ridotto
a non essere ormai se non il senso stesso della disperazione;
come giravo attorno supplichevole gli sguardi, e non
potevo muover passo né innanzi né indietro; e m’avvinghiavo
con anelito senza fine alla vita che mi fuggiva spenta; discese
dalle azzurre lontananze, giú dai vertici della mia beatitudine
trascorsa, un brivido crepuscolare.
Si strappò, di colpo, ogni legame fra la nascita e me. Fu
la catena della Luce, infranta. La malinconia confluí entro un
nuovo imperscrutabile mondo. E tu, Estasi notturna, e tu, Sonno
divino, sopravveniste.
Il paesaggio, intorno, si sollevò a poco a poco. Sul paesaggio
aliò, dissolvendosi, il mio spirito risorto. Il tumulo si
sfece in una nuvola di polvere. E oltre la nuvola io vidi, trasfigurato,
il vólto dell’Amata. Negli occhi, Le riposava l’Eterno.
Presi le mani Sue. Il pianto divenne, tra di noi, un rifulgente
vincolo infrangibile. Millenni furono spazzati in lontananza, come
uragani. Piansi al suo collo l’estasi di quella vita nuova. Fu
il primo, unico sogno. E da quell’attimo soltanto, s’infuse in
me una fede immutabile, eterna, nel Paradiso della notte.
E nella Luce sua: l’Amata.
Novalis
spitfire- Messaggi : 2441
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
La gatta
Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)
trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra’ piedi; e sparve nella notte nera.
Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.
Giovanni Pascoli
Massa, 1885
(sez: Poesie famigliari
e d’altro genere, 1882-1885)
Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)
trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra’ piedi; e sparve nella notte nera.
Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.
Giovanni Pascoli
Massa, 1885
(sez: Poesie famigliari
e d’altro genere, 1882-1885)
eroil- Messaggi : 6554
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Danza
Nella notte del giardino
sei gitane
vestite di bianco
ballano.
Nella notte del giardino
incoronate
con rose di carta
e visnaghe.
Nella notte del giardino
i denti perlacei
scrivono l'ombra
bruciata.
E nella notte del giardino
le loro ombre
si allungano
e raggiungono il cielo
violacee.
Federico Garcìa Lorca
Nella notte del giardino
sei gitane
vestite di bianco
ballano.
Nella notte del giardino
incoronate
con rose di carta
e visnaghe.
Nella notte del giardino
i denti perlacei
scrivono l'ombra
bruciata.
E nella notte del giardino
le loro ombre
si allungano
e raggiungono il cielo
violacee.
Federico Garcìa Lorca
eroil- Messaggi : 6554
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Prima del triste e difficile addio
non dire che non ci sarà altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.
In un altro paese, nell’esilio lontano
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica allusione,
un verso, un moto della penna.
E tu leggi come il pensiero mi ha ridato
e le tue parole di un tempo e l’ombra,
guarda di lontano come ho trasfigurati
questo giorno o quello appena trascorso.
Quale altro incontro vuoi per noi?
Con un unico verso ti restituisco
i tuoi passi, inchini, sguardi, parole –
di più da te non mi è dato.
Nina Nikolaevna Berberova
Berlino, 1923
non dire che non ci sarà altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.
In un altro paese, nell’esilio lontano
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica allusione,
un verso, un moto della penna.
E tu leggi come il pensiero mi ha ridato
e le tue parole di un tempo e l’ombra,
guarda di lontano come ho trasfigurati
questo giorno o quello appena trascorso.
Quale altro incontro vuoi per noi?
Con un unico verso ti restituisco
i tuoi passi, inchini, sguardi, parole –
di più da te non mi è dato.
Nina Nikolaevna Berberova
Berlino, 1923
spitfire- Messaggi : 2441
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Con uno sguardo mi ha resa più bella,
e io questa bellezza l’ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
(Wisława Szymborska)
e io questa bellezza l’ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
(Wisława Szymborska)
spitfire- Messaggi : 2441
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Località : sul ramo di una betulla
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Fantasia
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
John Keats
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
John Keats
controvento- Messaggi : 314
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio
e non c’è piú posto per le parole
e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.
Da lontano
Pierluigi Cappello
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio
e non c’è piú posto per le parole
e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.
Da lontano
Pierluigi Cappello
spitfire- Messaggi : 2441
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
L’alba vana mi coglie sull’angolo deserto di una strada; sono sopravvissuto alla notte.
Le notti sono onde altere: onde di tenebra blu, dalle cime incombenti, cariche d’ogni sfumatura del bottino abissale, di cose incredibili e desiderabili.
Le notti offrono sempre misteriosi regali e rifiuti, cose metà cedute, metà trattenute, gioie con un emisfero cupo. È così che si comportano le notti, te lo giuro.
I flutti, quella volta, mi hanno lasciato i soliti relitti, i consueti detriti: qualche amico aborrito per parlare, musica per i sogni, e il fumo di ceneri amare. Cose del tutto inutili per un cuore affamato.
La grande ondata ha portato te.
Parole, parole qualsiasi, la tua risata; e tu così pigramente, così incessantemente bella. Abbiamo parlato e tu hai dimenticato le parole.
L’alba disastrosa mi coglie in una strada deserta della mia città.
Il tuo profilo che si volta e si allontana, i suoni che compongono il tuo nome, la cadenza della tua risata: ecco gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato.
Li osservo nella luce nascente, li perdo, li ritrovo; li descrivo ai pochi cani randagi, alle poche stelle randagie dell’alba.
La tua vita ricca e oscura…
Devo raggiungerti in qualche maniera: metto via gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato, voglio il tuo sguardo nascosto, il tuo vero sorriso, quel sorriso beffardo e solitario che il tuo impassibile specchio conosce.
II
Con cosa posso trattenerti?
Ti offro povere strade, tramonti disperati, la luna dei laceri sobborghi.
Ti offro l’amarezza di un uomo che ha guardato a lungo, molto a lungo, la luna solitaria.
Ti offro i miei antenati, i miei morti, i fantasmi che i vivi hanno onorato oggi col bronzo: il padre di mio padre ucciso ai confini di Buenos Aires con due pallottole dentro i polmoni, morto barbuto che i suoi soldati avvolsero in una pelle di vacca; il nonno di mia madre, ventiquattrenne appena quando guidò la carica dei suoi trecento uomini in Perù, ormai spettri su cavalli svaniti.
Ti offro ogni intuizione racchiusa nei miei libri e quanta virilità o buon umore ha la mia vita.
Ti offro la lealtà di un uomo che non fu mai leale.
Ti offro la mia essenza, salvata non so come, quel centro del cuore che non tratta parole, non traffica coi sogni e non è mai toccato dal tempo, dalla gioia o dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una rosa gialla vista anni fa al tramonto, prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa, teorie su di te, notizie vere e sorprendenti al tuo riguardo.
Ti posso dare la mia solitudine, le mie tenebre, la fame del mio cuore; cerco di allettarti con l’incertezza, il pericolo, la sconfitta.
Jorge Louis Borges
Le notti sono onde altere: onde di tenebra blu, dalle cime incombenti, cariche d’ogni sfumatura del bottino abissale, di cose incredibili e desiderabili.
Le notti offrono sempre misteriosi regali e rifiuti, cose metà cedute, metà trattenute, gioie con un emisfero cupo. È così che si comportano le notti, te lo giuro.
I flutti, quella volta, mi hanno lasciato i soliti relitti, i consueti detriti: qualche amico aborrito per parlare, musica per i sogni, e il fumo di ceneri amare. Cose del tutto inutili per un cuore affamato.
La grande ondata ha portato te.
Parole, parole qualsiasi, la tua risata; e tu così pigramente, così incessantemente bella. Abbiamo parlato e tu hai dimenticato le parole.
L’alba disastrosa mi coglie in una strada deserta della mia città.
Il tuo profilo che si volta e si allontana, i suoni che compongono il tuo nome, la cadenza della tua risata: ecco gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato.
Li osservo nella luce nascente, li perdo, li ritrovo; li descrivo ai pochi cani randagi, alle poche stelle randagie dell’alba.
La tua vita ricca e oscura…
Devo raggiungerti in qualche maniera: metto via gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato, voglio il tuo sguardo nascosto, il tuo vero sorriso, quel sorriso beffardo e solitario che il tuo impassibile specchio conosce.
II
Con cosa posso trattenerti?
Ti offro povere strade, tramonti disperati, la luna dei laceri sobborghi.
Ti offro l’amarezza di un uomo che ha guardato a lungo, molto a lungo, la luna solitaria.
Ti offro i miei antenati, i miei morti, i fantasmi che i vivi hanno onorato oggi col bronzo: il padre di mio padre ucciso ai confini di Buenos Aires con due pallottole dentro i polmoni, morto barbuto che i suoi soldati avvolsero in una pelle di vacca; il nonno di mia madre, ventiquattrenne appena quando guidò la carica dei suoi trecento uomini in Perù, ormai spettri su cavalli svaniti.
Ti offro ogni intuizione racchiusa nei miei libri e quanta virilità o buon umore ha la mia vita.
Ti offro la lealtà di un uomo che non fu mai leale.
Ti offro la mia essenza, salvata non so come, quel centro del cuore che non tratta parole, non traffica coi sogni e non è mai toccato dal tempo, dalla gioia o dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una rosa gialla vista anni fa al tramonto, prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa, teorie su di te, notizie vere e sorprendenti al tuo riguardo.
Ti posso dare la mia solitudine, le mie tenebre, la fame del mio cuore; cerco di allettarti con l’incertezza, il pericolo, la sconfitta.
Jorge Louis Borges
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Ieri ®
Quando sorridendo
sull'ultimo respiro
dicesti ciao...
Giorni mesi anni contai
ma ripensandoti
è ieri che t'incontrai.
Eroil
Quando sorridendo
sull'ultimo respiro
dicesti ciao...
Giorni mesi anni contai
ma ripensandoti
è ieri che t'incontrai.
Eroil
eroil- Messaggi : 6554
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Donna e gatta
Lei giocava con la sua gatta,
e quale meraviglia era vedere
la mano bianca e la bianca zampa
trastullarsi nell’ombra della sera.
Lei nascondeva – scellerata! –
sotto i guanti di filo nero
le unghie d’agata assassine,
taglienti e chiare come un rasoio.
Anche l’altra faceva la sdolcinata
e ritraeva gli artigli acuminati,
ma il diavolo non ci perdeva nulla...
E nel boudoir dove sonoro
tintinnava il suo aereo riso
brillavano quattro punti fosforescenti.
Paul Verlaine
(da Poesie saturnine, 1866)
Lei giocava con la sua gatta,
e quale meraviglia era vedere
la mano bianca e la bianca zampa
trastullarsi nell’ombra della sera.
Lei nascondeva – scellerata! –
sotto i guanti di filo nero
le unghie d’agata assassine,
taglienti e chiare come un rasoio.
Anche l’altra faceva la sdolcinata
e ritraeva gli artigli acuminati,
ma il diavolo non ci perdeva nulla...
E nel boudoir dove sonoro
tintinnava il suo aereo riso
brillavano quattro punti fosforescenti.
Paul Verlaine
(da Poesie saturnine, 1866)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Alla finestra sognando...
Plenilunio d'agosto
Quattro passi saltellando
m'allontano cercando
da recuperare, un sasso
All'orizzonte la linea di luce
s'avvicina devo tornare
è ora, di rimettere...
i piedi a terra.
Eroil
Plenilunio d'agosto
Quattro passi saltellando
m'allontano cercando
da recuperare, un sasso
All'orizzonte la linea di luce
s'avvicina devo tornare
è ora, di rimettere...
i piedi a terra.
Eroil
Ultima modifica di eroil il Ven Ott 13, 2017 11:04 pm - modificato 1 volta.
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sedevano sorseggiando il tè
Sedevano sorseggiando il tè
e parlavano molto d'amore.
I Signori facevan gli estetici,
le Dame eran dolci e sensibili.
«L'amor dev'esser platonico»,
sentenziò il magro consigliere.
Ride ironica la consigliera,
e intanto sospira: «Ahimè!»
Spalanca la bocca il canonico:
«L'amor - dice - non sia brutale
perché ciò la salute danneggia.»
Sussurra la ragazza: «Ma come?».
Aggiunge, assai mesta, la contessa:
«L'arnor è certo una passione!»
e porge intanto, molto cortese,
una tazza al signor barone.
C'era a tavola ancora un posto,
e tu, mia cara, l'hai mancato.
Chissà con che grazia, tesoro,
del tuo amore avresti parlato.
Poesia di Heinrich Heine
Sedevano sorseggiando il tè
e parlavano molto d'amore.
I Signori facevan gli estetici,
le Dame eran dolci e sensibili.
«L'amor dev'esser platonico»,
sentenziò il magro consigliere.
Ride ironica la consigliera,
e intanto sospira: «Ahimè!»
Spalanca la bocca il canonico:
«L'amor - dice - non sia brutale
perché ciò la salute danneggia.»
Sussurra la ragazza: «Ma come?».
Aggiunge, assai mesta, la contessa:
«L'arnor è certo una passione!»
e porge intanto, molto cortese,
una tazza al signor barone.
C'era a tavola ancora un posto,
e tu, mia cara, l'hai mancato.
Chissà con che grazia, tesoro,
del tuo amore avresti parlato.
Poesia di Heinrich Heine
eroil- Messaggi : 6554
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Lorelei
Non so perché in fondo al cuore
così triste mi sento:
una fiaba d'antichi tempi
non vuole uscirmi di mente.
L'aria è fresca e s'imbruna;
placido il Reno scorre;
la cima del monte s'illumina
nel raggio del sole che muore.
Quasi un prodigio, una fanciulla
bellissima lassu siede:
lampeggiano aurei gioielli;
si pettina le chiome d'oro.
Con aureo pettine le avvolge,
modulando una sua canzone:
ricca di un fascino arcano,
violento, la melodia risuona.
Nell'esile nave il marinaio
selvaggia angoscia afferra:
più non vede gli aguzzi scogli,
proteso è il suo guardo nell'alto.
Ben so che l'onde alla fine
vascello e nocchiero ingoiano:
cosi del canto della Lorelei
il fascino arcano s'adempie.
Poesia di Heinrich Heine
Christian Johann Heinrich Heine (Düsseldorf 13 dicembre 1797 – Parigi 17 febbraio 1856) poeta
tedesco, il principale del periodo di transizione tra il romanticismo e il realismo.
(Lorelei nella mitologia popolare germanica è una specie di sirena del fiume che attira con il suo
canto i marinai e li fa morire)
eroil- Messaggi : 6554
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Estate
Oh calore estivo che spazza il paese!
Non un alito di vento,
non una nuvola.
E tra i monti
la renna pascola,
nell'orizzonte azzurro.
Oh estasi!
Oh gioia!
Mi siedo sulla terra singhiozzando.
Anonimo Eschimese
E si, c'è sempre un altro punto di vista
Oh calore estivo che spazza il paese!
Non un alito di vento,
non una nuvola.
E tra i monti
la renna pascola,
nell'orizzonte azzurro.
Oh estasi!
Oh gioia!
Mi siedo sulla terra singhiozzando.
Anonimo Eschimese
E si, c'è sempre un altro punto di vista
eroil- Messaggi : 6554
Data d'iscrizione : 25.07.16
Località : Neverwinter
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Er Sorcio.
Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
"Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! Una cuccagna!"
L'istessa sera, er sorcio de campagna,
ner traversà la sala
intravidde 'na trappola anniscosta;
"collega - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?"
"Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!"
Trilussa
Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
"Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! Una cuccagna!"
L'istessa sera, er sorcio de campagna,
ner traversà la sala
intravidde 'na trappola anniscosta;
"collega - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?"
"Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!"
Trilussa
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Località : Neverwinter
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Li nummeri
Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero –
- ma tu che vali? Gnente: propio gnente
sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso vôto e inconcrudente.
Io, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
Trilussa
Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero –
- ma tu che vali? Gnente: propio gnente
sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso vôto e inconcrudente.
Io, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
Trilussa
eroil- Messaggi : 6554
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Località : Neverwinter
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sera d'aprile
Batte la luna soavemente
di là dei vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch'essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.
Antonia Pozzi
Batte la luna soavemente
di là dei vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch'essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.
Antonia Pozzi
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Alla Luna
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, né cangia stile
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!
G. Leopardi
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, né cangia stile
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!
G. Leopardi
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Agostino Degas - poeta e pittore sardo
Lei era complicata ma accessibile,
timida, schiva, fragile, malinconica.
Sembrava un Angelo caduto
che si era persa nella sua stessa fragilità.
Era taciturna e aveva spesso lo sguardo
rivolto al cielo, amava perdersi nell’infinito.,
sentiva la nostalgia delle stelle.
Aveva imparato che
il dolore dell'anima è importante
quanto l'amore.
Sapeva che era l'unico sentiero
per conoscersi ed evolvere,
che senza sofferenza dell’anima
non può esserci né evoluzione né felicità.
Sembrava una donna normale,
forse era un Angelo perdutosi
in questo minuscolo angolo di Universo.
Per questo guardava spesso il cielo,
si perdeva tra le nuvole, le abbracciava.
Attraversava così la vita
assorbendo la sofferenza del mondo,
trasformandola in luce e amore.
Agostino Degas
Lei era complicata ma accessibile,
timida, schiva, fragile, malinconica.
Sembrava un Angelo caduto
che si era persa nella sua stessa fragilità.
Era taciturna e aveva spesso lo sguardo
rivolto al cielo, amava perdersi nell’infinito.,
sentiva la nostalgia delle stelle.
Aveva imparato che
il dolore dell'anima è importante
quanto l'amore.
Sapeva che era l'unico sentiero
per conoscersi ed evolvere,
che senza sofferenza dell’anima
non può esserci né evoluzione né felicità.
Sembrava una donna normale,
forse era un Angelo perdutosi
in questo minuscolo angolo di Universo.
Per questo guardava spesso il cielo,
si perdeva tra le nuvole, le abbracciava.
Attraversava così la vita
assorbendo la sofferenza del mondo,
trasformandola in luce e amore.
Agostino Degas
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
La Musique
Spesso la Musica mi porta via come fa il mare. Sotto una
volta di bruma o in un vasto etere metto vela verso la mia pallida stella.
Petto in avanti e polmoni gonfi come vela scalo la cresta
dei flutti accavallati che la notte mi nasconde;
Sento vibrare in me tutte le passioni d'un vascello che dolora,
Il vento gagliardo, la tempesta e i suoi moti convulsi
sull'immenso abisso mi cullano.
Altre volte, piatta bonaccia,
grande specchio della mia disperazione!
Charles Baudelaire
Spesso la Musica mi porta via come fa il mare. Sotto una
volta di bruma o in un vasto etere metto vela verso la mia pallida stella.
Petto in avanti e polmoni gonfi come vela scalo la cresta
dei flutti accavallati che la notte mi nasconde;
Sento vibrare in me tutte le passioni d'un vascello che dolora,
Il vento gagliardo, la tempesta e i suoi moti convulsi
sull'immenso abisso mi cullano.
Altre volte, piatta bonaccia,
grande specchio della mia disperazione!
Charles Baudelaire
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Ieri all'imbrunire ne ho visto uno svolazzare, se fossi un topolino
direi d'aver visto un angelo invece ho pensato a lui:
Pipistrello
Il pipistrello elisir dell'ombra
vero amante delle stelle
morde il tallone del giorno
Federico Garcia Lorca
direi d'aver visto un angelo invece ho pensato a lui:
Pipistrello
Il pipistrello elisir dell'ombra
vero amante delle stelle
morde il tallone del giorno
Federico Garcia Lorca
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
E LA TERZA GIA' LA SOGNO....
La sera è il mio libro. Risplende
nella rilegatura di damasco rosso.
Sfiorando l'oro delle cuciture
la apro con le mani, adagio.
E leggo la sua prima pagina:
felice di trovare un tono calmo
leggo più sottovoce la seconda,
e la terza già la sogno.
Rainer Maria Rilke
La sera è il mio libro. Risplende
nella rilegatura di damasco rosso.
Sfiorando l'oro delle cuciture
la apro con le mani, adagio.
E leggo la sua prima pagina:
felice di trovare un tono calmo
leggo più sottovoce la seconda,
e la terza già la sogno.
Rainer Maria Rilke
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Le Verità
D) E l'Arte?
R) E'una malattia.
D) L'Amore?
R) Un'illusione.
D) La religione?
R) Il surrogato mondano della fede.
D) Tu cosa sei?
R) Definire è limitare.
D) Dammi un filo da seguire.
R) I fili si spezzano. Perderesti la strada nel labirinto.
"Mi sconcerti. Parliamo di qualcos’altro."
Oscar Wilde
Da: "Il ritratto di Dorian Gray"
D) E l'Arte?
R) E'una malattia.
D) L'Amore?
R) Un'illusione.
D) La religione?
R) Il surrogato mondano della fede.
D) Tu cosa sei?
R) Definire è limitare.
D) Dammi un filo da seguire.
R) I fili si spezzano. Perderesti la strada nel labirinto.
"Mi sconcerti. Parliamo di qualcos’altro."
Oscar Wilde
Da: "Il ritratto di Dorian Gray"
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
una poesia breve...
Dicono alcuni che sulla terra nera
la cosa più bella sia un esercito di
cavalieri; altri dicono di fanti; altri dicono di
navi. Per me, invece, è ciò che si ama.
Saffo
Probabilmente la poesia era più lunga ma degli scritti della poetessa Greca
(630 a.C. circa/570 a.C. circa) restano pochi frammenti.
Dicono alcuni che sulla terra nera
la cosa più bella sia un esercito di
cavalieri; altri dicono di fanti; altri dicono di
navi. Per me, invece, è ciò che si ama.
Saffo
Probabilmente la poesia era più lunga ma degli scritti della poetessa Greca
(630 a.C. circa/570 a.C. circa) restano pochi frammenti.
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