Miti e leggende
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Arpie nel mito...
Le Arpie...
Il compito affidato da Zeus alle due arpie, Aella e Ocipete, era parte della punizione da lui inflitta al re della Tracia, Fineo, reo di svelare troppo di ciò che scopriva grazie al suo dono della profezia. Dopo averlo accecato, il padre degli dei lo confinò su un'isola fornendogli un ricco banchetto al quale tuttavia non poteva accedere. Ogni volta che vi si avvicinava, infatti, le arpie giungevano dal cielo a portargli via il cibo dalle mani e sporcare quanto si lasciavano dietro.
Al tormento di Fineo posero fine gli Argonauti guidati da Giasone, più precisamente Zete e Calaide, figli di Boreo, il vento del nord, e come tali in grado di volare. Inseguirono le arpie e le misero in fuga senza però far loro del male, per rispettare il patto fatto con Iris, la quale fece in modo di allontanarl e non tornassero più a tormentare il re indovino.
Per riconoscenza la dea rivelò a Giasone il sistema per attraversare le terribili rocce semoventi del Bosforo.
Delle arpie si trovano tracce anche in letteratura successiva...Dante Alighieri le pone infatti al'Inferno , nel canto XIII, a infestare la foresta dei suicidi nel secondo girone, una situazione illustrata sia da Gustave Doré che da William Blake nel suo The Wood of the Self-Murderers: The Harpies and the Suicides...
Re: Miti e leggende
Parlando di miti e leggende tempo fa m'imbattei in una ballata che parlava di
Loreley, e poi dicono che la curiosità sia femmina...
Loreley è una figura leggendaria della Germania.
Secondo la leggenda, Loreley era una bellissima ondina del fiume Reno, che attirava
a sé gli uomini col suo canto e con il suo aspetto, causando naufragi e sciagure.
Un giorno, per vendicare il figlio morto, un nobile inviò i suoi soldati ad uccidere la fanciulla
soldati che seppero resistere al suo incanto e che l'avrebbero uccisa, se lei non avesse
chiamato suo padre in aiuto, egli mandò un cavallo di schiuma che condusse la ninfa
nelle profondità del fiume, da cui ella non fece più ritorno.
Da allora, i marinai non dovettero più temere gli inganni di Loreley.
La roccia su cui secondo la tradizione appariva Lorelei viene chiamata ancora oggi
col suo nome.
Questa figura leggendaria si ritrova spesso nei componimenti dei poeti tedeschi dell'epoca
romantica, in Das Lied der Loreley di Heinrich Heine o in Waldgespräch di Joseph Freiherr
von Eichendorff.
Fu inoltre proprio da questo mito che il compositore Alfredo Catalani trasse ispirazione
per la sua opera Loreley.
Qui la ballata dei Blackmore's Night:
...La leggenda è una trama sbiadita
Ha cercato di mettere in guardia ognuno di noi
Oh, la chiamavano "Loreley"
Attento o cadrai...
Loreley, e poi dicono che la curiosità sia femmina...
Loreley è una figura leggendaria della Germania.
Secondo la leggenda, Loreley era una bellissima ondina del fiume Reno, che attirava
a sé gli uomini col suo canto e con il suo aspetto, causando naufragi e sciagure.
Un giorno, per vendicare il figlio morto, un nobile inviò i suoi soldati ad uccidere la fanciulla
soldati che seppero resistere al suo incanto e che l'avrebbero uccisa, se lei non avesse
chiamato suo padre in aiuto, egli mandò un cavallo di schiuma che condusse la ninfa
nelle profondità del fiume, da cui ella non fece più ritorno.
Da allora, i marinai non dovettero più temere gli inganni di Loreley.
La roccia su cui secondo la tradizione appariva Lorelei viene chiamata ancora oggi
col suo nome.
Questa figura leggendaria si ritrova spesso nei componimenti dei poeti tedeschi dell'epoca
romantica, in Das Lied der Loreley di Heinrich Heine o in Waldgespräch di Joseph Freiherr
von Eichendorff.
Fu inoltre proprio da questo mito che il compositore Alfredo Catalani trasse ispirazione
per la sua opera Loreley.
Qui la ballata dei Blackmore's Night:
...La leggenda è una trama sbiadita
Ha cercato di mettere in guardia ognuno di noi
Oh, la chiamavano "Loreley"
Attento o cadrai...
eroil- Messaggi : 6554
Data d'iscrizione : 25.07.16
Località : Neverwinter
Re: Miti e leggende
Hassak
Gruppo folk del Kazakistan
un brano che trascina in emozioni di solidarietà per un popolo oppresso dalla dominazione della Russia zarista prima e comunista poi.
Questa musica con toni forti e dolci, evoca ricordi lontani di un popolo libero, che nel sogno di un felice futuro, chiedono alla loro massima divinità
Tengri - supremo Dio del Cielo
protezione dalla schiavitù e oppressione di un passato da dimenticare.
Non sono credente ma la religione di questo popolo, lo stesso mi piace nella loro profonda radicazione nella Natura e lontana da metafisiche "rivelazioni" come viene imposta in tante odierne religioni, compreso quella cristiana,
dove la Verità e solo arrogante e illusoria,
ma di certo sicuro strumento di potere.
Bellissimo è il simbolo comune delle antiche religioni indoeuropee:
"Albero del Mondo"
Un'immagine veramente bella e stupenda.
Buona notte a tutti
Gruppo folk del Kazakistan
un brano che trascina in emozioni di solidarietà per un popolo oppresso dalla dominazione della Russia zarista prima e comunista poi.
Questa musica con toni forti e dolci, evoca ricordi lontani di un popolo libero, che nel sogno di un felice futuro, chiedono alla loro massima divinità
Tengri - supremo Dio del Cielo
protezione dalla schiavitù e oppressione di un passato da dimenticare.
Non sono credente ma la religione di questo popolo, lo stesso mi piace nella loro profonda radicazione nella Natura e lontana da metafisiche "rivelazioni" come viene imposta in tante odierne religioni, compreso quella cristiana,
dove la Verità e solo arrogante e illusoria,
ma di certo sicuro strumento di potere.
Bellissimo è il simbolo comune delle antiche religioni indoeuropee:
"Albero del Mondo"
Un'immagine veramente bella e stupenda.
Buona notte a tutti
Ospite- Ospite
Re: Miti e leggende
Ciao Ettore.
Interessante;"non credere e credere in me" negazione della negazione, poi nel leggere
si arriva dal punto...8:06 sino alla fine:
"Perché sono molti
i gradevoli aspetti che esistono
in numerosi peccati
e smodatezze
e passioni scandalose
e piaceri momentanei
che (gli uomini)* assaporano
finché non diventano equilibrati
e salgono al loro luogo di riposo.
E loro mi troveranno li
ed essi vivranno
ed essi non moriranno di nuovo."
*(gli uomini) Penso, (non avendo altra traduzione) inteso come: "gli umani" per non escludere
nessuno/a e, continuo a non credere.
Chissà perché tutto il discorso mi ricorda "l'elogio alla pazzia" di Erasmo da Rotterdam un saggio
pubblicato nel 1511, molto prima della scoperta e poi traduzione dei suddetti manoscritti
a mio avviso paiono più un; "elogio alla morte" che scritti gnostici cristiani, il parere di un
non credente...se fa testo!
Interessante;"non credere e credere in me" negazione della negazione, poi nel leggere
si arriva dal punto...8:06 sino alla fine:
"Perché sono molti
i gradevoli aspetti che esistono
in numerosi peccati
e smodatezze
e passioni scandalose
e piaceri momentanei
che (gli uomini)* assaporano
finché non diventano equilibrati
e salgono al loro luogo di riposo.
E loro mi troveranno li
ed essi vivranno
ed essi non moriranno di nuovo."
*(gli uomini) Penso, (non avendo altra traduzione) inteso come: "gli umani" per non escludere
nessuno/a e, continuo a non credere.
Chissà perché tutto il discorso mi ricorda "l'elogio alla pazzia" di Erasmo da Rotterdam un saggio
pubblicato nel 1511, molto prima della scoperta e poi traduzione dei suddetti manoscritti
a mio avviso paiono più un; "elogio alla morte" che scritti gnostici cristiani, il parere di un
non credente...se fa testo!
eroil- Messaggi : 6554
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Località : Neverwinter
Re: Miti e leggende
Il Tuono, mente perfetta...
Nel 1945 dalle parti di Nag Hammadi - Egitto -
vennero rinvenuti alcuni antichi manoscritti
nascosti probabilmente dalle persecuzioni della chiesa ortodossa nei primi secoli dopo Cristo.
La maggior parte erano scritti gnostici cristiani, che in quel lontano passato vennero ferocemente contrastati dall'allora ortodossia clericale, ora dominante su parte importante del pianeta.
Uno dei principali punti di disaccordo fu la totale esclusione ortodossa dell'aspetto "femminile " della divinità che i cristiani gnostici pure veneravano.
Proprio uno di questi papiri racconta in un bellissimo poema come Dio
è femmina e maschio
e d'altronde..
non è femmina ma neanche maschio.
E' come se un totale facesse parte di se stesso in ogni suo singolo
secondo il mio parere.
In sintesi, uno spezzone...
"Perché Io sono la prima e l’ultima.
Io sono l'onorata e la disprezzata.
Io sono la prostituta e la santa.
Io sono la sposa e la vergine.
Io sono la madre e la figlia.
Io sono le membra di mia madre.
Io sono la sterile
E molti sono i miei figli.
Io sono colei il cui matrimonio è grande, eppure Io non ho marito.
Io sono la levatrice e colei che non partorisce.
Io sono il conforto dei miei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
ed è mio marito che mi generò."
Un bel video su questo misterioso "inno".
Buon pomeriggio
Nel 1945 dalle parti di Nag Hammadi - Egitto -
vennero rinvenuti alcuni antichi manoscritti
nascosti probabilmente dalle persecuzioni della chiesa ortodossa nei primi secoli dopo Cristo.
La maggior parte erano scritti gnostici cristiani, che in quel lontano passato vennero ferocemente contrastati dall'allora ortodossia clericale, ora dominante su parte importante del pianeta.
Uno dei principali punti di disaccordo fu la totale esclusione ortodossa dell'aspetto "femminile " della divinità che i cristiani gnostici pure veneravano.
Proprio uno di questi papiri racconta in un bellissimo poema come Dio
è femmina e maschio
e d'altronde..
non è femmina ma neanche maschio.
E' come se un totale facesse parte di se stesso in ogni suo singolo
secondo il mio parere.
In sintesi, uno spezzone...
"Perché Io sono la prima e l’ultima.
Io sono l'onorata e la disprezzata.
Io sono la prostituta e la santa.
Io sono la sposa e la vergine.
Io sono la madre e la figlia.
Io sono le membra di mia madre.
Io sono la sterile
E molti sono i miei figli.
Io sono colei il cui matrimonio è grande, eppure Io non ho marito.
Io sono la levatrice e colei che non partorisce.
Io sono il conforto dei miei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
ed è mio marito che mi generò."
Un bel video su questo misterioso "inno".
Buon pomeriggio
Ospite- Ospite
Non solo Babbo Natale...
Tra i ricordi più felici dei bambini di tutto il mondo Babbo Natale occupa uno spazio quasi illimitato in diverse parti del mondo, mito positivo e amato anche dai grandi.
Tra i miti collegati al Natale ve ne sono altri non sempre positivi, Babbo Natale, infatti, ha dei rivali, una sorta di eroi al contrario, uno dei più noti conosciuti è l’ambiguo personaggio chiamato Belsnickel, mito nato in Europa nel folclore dei paesi nordici durante il Medioevo.
Belsnickel si annuncia prima di entrare in una casa e non arriva di nascosto come babbo Natale ma bussa alle porte e alle finestre così che i bambini possano vederlo. Indossa indumenti di pelliccia con attaccati campanelli, in mano tiene una frusta per battere i bambini cattivi, però ha anche le tasche piene di dolci, per i bambini buoni.
La figura di Belsnickel potrebbe essere nata o basata su un altro mito tedesco più antico, una sorta di demone conosciuto come Krampus. La leggenda di questa figura pelosa, paurosa e malvagia, con la coda, le corna e una lunga lingua di fuori, ha terrorizzato i bambini per secoli. Non si conosce con precisione quando sia nata la sua leggenda, sembra abbia avuto origine nell’odierna Germania molto prima dell’arrivo del Cristianesimo. La notte della sua comparsa è tra il 5 e il 6 dicembre e i bambini cercano di non attirare la sua attenzione. I Krampus sono diavoli che accompagnano la figura folcloristica di San Nicola nella tradizionale sfilata lungo le strade delle zone di lingua tedesca, una tradizione legata alla mitologia cristiana in particolare al vescovo San Nicolò e ai suoi servitori denominati Krampus, come il demone sconfitto dal santo e dunque costretto a servirlo.
Il gatto birmano nella leggenda
Una leggenda birmana racconta che secoli fa i gatti completamente bianchi erano i guardiani del tempio di Lao-Tsun, dove si venerava la dea Tsuyn-Kse, raffigurata come una statua d’oro con occhi color dello zaffiro. Il suo sommo sacerdote era circondato da un centinaio di gatti ma il preferito era Sinh, che in funzione di oracolo ispirava il sacerdote prima di ogni decisione.
Il gatto era bianco e con gli occhi gialli e viveva con il suo padrone in contemplazione della dea, la quale aveva il potere di concedere il trasferimento dell’anima nel proprio animale sacro prima che l’uomo raggiungesse la perfezione.
Una notte il tempio fu assalito da un gruppo di malfattori e il sacerdote fu ucciso. Sinh saltò immediatamente sul corpo del suo padrone con gli occhi rivolti alla dea, e, nello stesso istante, l’anima del sacerdote si trasferì nel gatto: i suoi occhi divennero azzurri come quelli della dea, il pelo si tinse di sfumature dorate e ciascuna zampa divenne marrone, ad eccezione della parte terminale che rimase bianca essendo a contatto con la purezza del sacerdote.
Sinh, con sguardo autoritario, fissò la porta sud del tempio, affinché gi altri sacerdoti la chiudessero per impedire ad altri invasori di entrare.
Sette giorni dopo la morte del suo padrone anche Sinh morì e fu d’obbligo scegliere il successore del sacerdote.
Tutti i sacerdoti riuniti davanti alla statua della dea per stabilire chi di loro fosse degno, rimasero sorpresi vedendo entrare in processione i cento e più gatti, tutti divenuti simili a Sinh, con gli occhi azzurri, il pelo dorato e le zampe marroni e bianche.
La leggenda della Luce misteriosa
A Manresa, capoluogo del Bages, nel cuore della Catalogna, si tramanda questa leggenda, da quando nel XIV secolo si verificò una grande siccità. Raccolti andati perduti e fu la fame per migliaia di persone.
Il consiglio comunale per far fronte al problema propose la realizzazione di un canale d’irrigazione, però occorreva deviare dalla vicina città di Balsareny l’acqua del fiume Llobregar.
Re Pietro IV d’Aragona, autorizzò la costruzione del corso d’acqua artificiale e per favorirlo decretò la temporanea esenzione fiscale per i cittadini di Manresa.
Il problema sorse quando, dovendo il canale attraversare le terre del ricco e potente vescovo Galzeran Sacosta, signore della giurisdizione, non piacendogli l’idea, fermò i lavori non appena giunsero sul suo territorio.
Manresa fu scomunicata e per cinque anni nelle sue chiese non si poterono celebrare messe.
I lavori per cinque rimasero fermi, fino a quando il 21 febbraio 1345, secondo la leggenda, una luce misteriosa entrò nel convento dei Carmelitani e le campane iniziarono a suonare da sole, interpretato come evento miracoloso e segnale propiziatorio.
Il vescovo successore di Galzeran Sacosta, nel frattempo deceduto, cancellò la scomunica e autorizzò il proseguimento della costruzione del canale.
I lavori del corso d’acqua artificiale, per le varie catastrofi che colpirono la zona, furono terminati solo nel 1383.
Ogni anno, ancora oggi, in data 21 febbraio, Manresa celebra la Festa della Luce, con eventi culturali, un mercato medievale, con artigiani, giocolieri, musicisti, giochi, e la possibilità di ripercorrere a piedi, in bici o a cavallo, il percorso dello storico canale.
Chi erano i Chrestiani ( o Cagots)?
[size=32]Reietti tra i reietti, i Cagots possono essere paragonati agli "intoccabili" in India. Erano presenti in tutta Europa nel Medioevo: in Bretagna, nel Basso Poitou, in Guyenne, in Guascogna, nei Paesi Baschi, in Navarra e soprattutto nel Béarn. Le montagne dei Pirenei, terre di asilo dove la segregazione era rara, e terra dei Catari, sono state tuttavia il luogo in cui il fenomeno dei Cagots è stato il più supportato. La loro origine resta misteriosa, diverse teorie sono in discussione, dai Visigoti sconfitti da Clovis a Poitiers, ai Saraceni, ebrei, Catari, lebbrosi, extraterrestri ...[/size]
Il nome stesso di "cagot" è di origine incerta, può venire da "cangoth": cani Ghoth. Ritroviamo anche i termini di Gézitain, Chréstiani, Gahets, cappe, Agots ...
Pochi eventi erano in grado di sorprendere l'uomo del medioevo che allora sopravviveva già con grande difficoltà. Quando aveva resistito agli rigidi inverni, alle guerre feudali e alle pestilenze, accettava senza troppa formalità le incursioni dell'immaginario o della fantasia nella realtà. ( ... )
Nell'anno 800, durante il regno dei carolingi, gli abitanti della città vecchia di Lione non sono stati scossi dalla comparsa di oggetti sorprendenti che scendevano dal cielo.
[size=32]
Gli abitanti attraversarono le porte fortificate della città e si precipitarono urlando nei campi dove erano atterrati gli oggetti volanti. Essi furono rapidamente circondati, e ci fu un grande silenzio quando il primo pilota uscì dal veicolo. Poiché i cittadini non capivano la sua lingua, sconosciuta, si decise senza ulteriori indugi di impadronirsi di questi esseri. I piloti provenienti dal cielo furono immediatamente inchiodati su tavole di legno e affidati alle correnti dei fiumi Saona e Rodano.[/size]
[size=32]In questo modo si era pensato di punire questi strani visitatori "venuti sulla Terra per distruggere il raccolto col fracasso delle loro macchine volanti". Questa punizione serviva per scoraggiare altri eventuali visitatori celesti che, vedendo dal cielo i loro compagni portati via dall'acqua, si sarebbero tenuti a debita distanza dalla Terra.[/size]
[size=32]Eppure alcuni cronisti medievali riportarono che, qualche tempo dopo, apparve nelle nostre regioni e sotto i nostri climi, un gran numero di esseri con caratteristiche fisiche per lo meno sorprendenti. Anche se inizialmente perseguitati, furono a poco a poco tollerati e vissero al fianco degli esseri umani. Relegati al rango di reietti, si organizzarono in modo indipendente ai margini della società. I rappresentanti di questa razza maledetta furono battezzati "Chréstiani", "Gézitains", "Gahets, "Agots", o "Cagots".[/size]
[size=32]I numerosi storici che hanno studiato la vicenda di questo strano popolo hanno ritrovato, sparsa ai quattro punti cardinali d'Europa, la stessa descrizione di questi esseri di quella che fu fatta in Francia.[/size]
[size=32]l Chrestiani avevano delle strane caratteristiche fisiche: erano calvi, non avevano i padiglioni delle orecchie visibili (al loro posto c'erano due fori, come per i sauri), avevano piedi e mani palmati ed emanavano un calore dal corpo assolutamente anormale. Sono queste caratteristiche, più volte rilevate, che ne fecero dei relegati, radunati in tribù alle porte delle città dove ersero una sorta di periferia autonoma.[/size]
[size=32]Potremmo vedere in queste descrizioni il risultato di una serie di leggende e di false informazioni diffuse dalle dicerie se, nel XVI secolo, Ambroise Paré (1509-590), il padre della chirurgia moderna, al servizio del re Enrico II , non avesse preso in esame, scientificamente, questa strana razza maledetta già da tre secoli.[/size]
[size=32]A quel tempo i Chréstiani, che ancora vivevano in gruppi isolati, non avevano perso nessuna delle loro caratteristiche fisiche e fisiologiche rilevate e descritte sotto i Carolingi. Ambroise Paré trascorse quindi diverse settimane a studiarne alcuni esemplari. Cercando di non farsi influenzare dalle dicerie, si dedicò ad accumulare constatazioni mediche reali e a registrarne accuratamente la scrittura.[/size]
[size=32]Riporta ad esempio la prodigiosa capacità di uno di loro a praticare la mummificazione tramite il magnetismo. Questo esercizio, riportato qui nella vecchia lingua francese, si suppone rivelatore del potere del magnetismo personale: "uno di loro con in mano una mela fresca, essa appare così secca e rugosa come se fosse rimasta otto giorni al sole. "Ambroise Paré spiega questa reazione con il calore anormalmente elevato generato dal corpo dei Chrestiani.[/size]
[size=32]Del resto si è detto che nel corso di un salasso, dalle sue vene uscì un liquido quasi bollente e di un colore tra il blu e il verde! Queste caratteristiche fecero che un arsenale giuridico specifico fu instaurato per metterli al bando dalla società e impedir loro ogni possibilità di mischiarsi con gli esseri umani. Vivendo in gruppi nelle periferie delle città, avevano i loro cimiteri dove venivano sistematicamente sepolti, senza prete né funzione religiosa.[/size]
[size=32]Razza maledetta, la loro condizione era specificata al momento della nascita nell'atto di battesimo, celebrato di notte senza scampanio. Non avevano cognome, solo un nome seguito dal termine Chrestiaa, Cagots, Gézitain. Una volta morti erano sepolti lontano dai "veri cristiani".[/size]
[size=32]Nella lunga lista delle proibizioni citiamo: il matrimonio con dei non Cagots, l'esercizio di determinati mestieri collegati con l'acqua, la terra, il fuoco, il cibo, essere in possesso di un'arma o di qualsiasi oggetto appuntito ... Alla origine di questi divieti si profilava la paura della lebbra di cui si presumeva che i Cagots fossero tutti infetti.[/size]
[size=32]Nonostante questi divieti drastici potevano occupare posizioni di chirurghi e di ostetriche e si dice che possedevano virtù di guaritori. La maggior parte esercitava mestieri come falegname, cestaio, tessitore, muratore; erano a volte conosciuti ed apprezzati per il loro lavoro, soprattutto perché di solito non ricevevano compenso se non l'esenzione dalle tasse.[/size]
Si diceva che fossero bisessuati e quando ci si riferiva a loro non veniva specificato alcun genere! Durante i processi la discriminazione era ancora più forte: erano necessari i giuramenti o le testimonianze di 7 Chréstiani per competere con quelli di un essere umano! Le cose continuarono così per tutto il Medioevo ma, a poco a poco, i Chréstiani si sono fusi con la popolazione e - ed è forse un segno della loro integrazione - nel XVIII secolo soltanto il folklore accennava a questi esseri dalle caratteristiche così strane.
La Storia doveva accelerare la scomparsa di questo popolo reietto.
In effetti, con la rivoluzione del 1789 vennero alla luce i "diritti umani". Il Chréstiani ne avrebbero dovuto immancabilmente godere. Tuttavia, data la stranezza delle loro caratteristiche, un vasto studio medico fu istituito per determinare se potevano o no essere considerati come uomini e godere la pienezza di questi nuovi diritti.
Il nome stesso di "cagot" è di origine incerta, può venire da "cangoth": cani Ghoth. Ritroviamo anche i termini di Gézitain, Chréstiani, Gahets, cappe, Agots ...
Pochi eventi erano in grado di sorprendere l'uomo del medioevo che allora sopravviveva già con grande difficoltà. Quando aveva resistito agli rigidi inverni, alle guerre feudali e alle pestilenze, accettava senza troppa formalità le incursioni dell'immaginario o della fantasia nella realtà. ( ... )
Nell'anno 800, durante il regno dei carolingi, gli abitanti della città vecchia di Lione non sono stati scossi dalla comparsa di oggetti sorprendenti che scendevano dal cielo.
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Gli abitanti attraversarono le porte fortificate della città e si precipitarono urlando nei campi dove erano atterrati gli oggetti volanti. Essi furono rapidamente circondati, e ci fu un grande silenzio quando il primo pilota uscì dal veicolo. Poiché i cittadini non capivano la sua lingua, sconosciuta, si decise senza ulteriori indugi di impadronirsi di questi esseri. I piloti provenienti dal cielo furono immediatamente inchiodati su tavole di legno e affidati alle correnti dei fiumi Saona e Rodano.[/size]
[size=32]In questo modo si era pensato di punire questi strani visitatori "venuti sulla Terra per distruggere il raccolto col fracasso delle loro macchine volanti". Questa punizione serviva per scoraggiare altri eventuali visitatori celesti che, vedendo dal cielo i loro compagni portati via dall'acqua, si sarebbero tenuti a debita distanza dalla Terra.[/size]
[size=32]Eppure alcuni cronisti medievali riportarono che, qualche tempo dopo, apparve nelle nostre regioni e sotto i nostri climi, un gran numero di esseri con caratteristiche fisiche per lo meno sorprendenti. Anche se inizialmente perseguitati, furono a poco a poco tollerati e vissero al fianco degli esseri umani. Relegati al rango di reietti, si organizzarono in modo indipendente ai margini della società. I rappresentanti di questa razza maledetta furono battezzati "Chréstiani", "Gézitains", "Gahets, "Agots", o "Cagots".[/size]
[size=32]I numerosi storici che hanno studiato la vicenda di questo strano popolo hanno ritrovato, sparsa ai quattro punti cardinali d'Europa, la stessa descrizione di questi esseri di quella che fu fatta in Francia.[/size]
[size=32]l Chrestiani avevano delle strane caratteristiche fisiche: erano calvi, non avevano i padiglioni delle orecchie visibili (al loro posto c'erano due fori, come per i sauri), avevano piedi e mani palmati ed emanavano un calore dal corpo assolutamente anormale. Sono queste caratteristiche, più volte rilevate, che ne fecero dei relegati, radunati in tribù alle porte delle città dove ersero una sorta di periferia autonoma.[/size]
[size=32]Siccome si riteneva avessero un aspetto ripugnante, avevano l'obbligo di essere completamente vestiti e incappucciati. Tuttavia, anche se accuratamente coperti, gli Chréstiani avevano inoltre l'obbligo di portare, cucita sui loro vestiti e ben visibile sul petto, una zampa d'oca dipinta di rosso. Questo per ricordare alla popolazione che questi esseri avevano mani e piedi palmati![/size]
[size=32]Potremmo vedere in queste descrizioni il risultato di una serie di leggende e di false informazioni diffuse dalle dicerie se, nel XVI secolo, Ambroise Paré (1509-590), il padre della chirurgia moderna, al servizio del re Enrico II , non avesse preso in esame, scientificamente, questa strana razza maledetta già da tre secoli.[/size]
[size=32]A quel tempo i Chréstiani, che ancora vivevano in gruppi isolati, non avevano perso nessuna delle loro caratteristiche fisiche e fisiologiche rilevate e descritte sotto i Carolingi. Ambroise Paré trascorse quindi diverse settimane a studiarne alcuni esemplari. Cercando di non farsi influenzare dalle dicerie, si dedicò ad accumulare constatazioni mediche reali e a registrarne accuratamente la scrittura.[/size]
[size=32]Riporta ad esempio la prodigiosa capacità di uno di loro a praticare la mummificazione tramite il magnetismo. Questo esercizio, riportato qui nella vecchia lingua francese, si suppone rivelatore del potere del magnetismo personale: "uno di loro con in mano una mela fresca, essa appare così secca e rugosa come se fosse rimasta otto giorni al sole. "Ambroise Paré spiega questa reazione con il calore anormalmente elevato generato dal corpo dei Chrestiani.[/size]
[size=32]Del resto si è detto che nel corso di un salasso, dalle sue vene uscì un liquido quasi bollente e di un colore tra il blu e il verde! Queste caratteristiche fecero che un arsenale giuridico specifico fu instaurato per metterli al bando dalla società e impedir loro ogni possibilità di mischiarsi con gli esseri umani. Vivendo in gruppi nelle periferie delle città, avevano i loro cimiteri dove venivano sistematicamente sepolti, senza prete né funzione religiosa.[/size]
[size=32]Razza maledetta, la loro condizione era specificata al momento della nascita nell'atto di battesimo, celebrato di notte senza scampanio. Non avevano cognome, solo un nome seguito dal termine Chrestiaa, Cagots, Gézitain. Una volta morti erano sepolti lontano dai "veri cristiani".[/size]
[size=32]Nella lunga lista delle proibizioni citiamo: il matrimonio con dei non Cagots, l'esercizio di determinati mestieri collegati con l'acqua, la terra, il fuoco, il cibo, essere in possesso di un'arma o di qualsiasi oggetto appuntito ... Alla origine di questi divieti si profilava la paura della lebbra di cui si presumeva che i Cagots fossero tutti infetti.[/size]
[size=32]Nonostante questi divieti drastici potevano occupare posizioni di chirurghi e di ostetriche e si dice che possedevano virtù di guaritori. La maggior parte esercitava mestieri come falegname, cestaio, tessitore, muratore; erano a volte conosciuti ed apprezzati per il loro lavoro, soprattutto perché di solito non ricevevano compenso se non l'esenzione dalle tasse.[/size]
Si diceva che fossero bisessuati e quando ci si riferiva a loro non veniva specificato alcun genere! Durante i processi la discriminazione era ancora più forte: erano necessari i giuramenti o le testimonianze di 7 Chréstiani per competere con quelli di un essere umano! Le cose continuarono così per tutto il Medioevo ma, a poco a poco, i Chréstiani si sono fusi con la popolazione e - ed è forse un segno della loro integrazione - nel XVIII secolo soltanto il folklore accennava a questi esseri dalle caratteristiche così strane.
La Storia doveva accelerare la scomparsa di questo popolo reietto.
In effetti, con la rivoluzione del 1789 vennero alla luce i "diritti umani". Il Chréstiani ne avrebbero dovuto immancabilmente godere. Tuttavia, data la stranezza delle loro caratteristiche, un vasto studio medico fu istituito per determinare se potevano o no essere considerati come uomini e godere la pienezza di questi nuovi diritti.
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Data d'iscrizione : 08.06.16
Toth l'Atlantideo
Considerato l’inventore della scrittura e il custode dei segreti dei movimenti del cielo, secondo l’antica tradizione Egizia a Thot venivano attribuiti vari appellativi tra cui il più famoso è “Thot, Tre Volte Grande”, da cui deriva il nome in greco del dio stesso, Ermete Trismegisto.
Figlio di Ra, di cui era anche consigliere, era il dio della Luna, della sapienza, della scrittura, della magia, della misura del tempo e della matematica e geometria. Gli Egizi, che lo raffiguravano con la testa di Ibis, il cui becco somiglia a una Luna crescente, gli attribuivano anche l’invenzione del calendario di 365 giorni.
Il mistero che lo circonda è dovuto, soprattutto, ai libri che avrebbe scritto e nascosto.
Un vero enigma
Ma quale potrebbe essere il nascondiglio di questi libri? E che cosa vi sarebbe scritto? Secondo i “Testi delle Piramidi”, il dio Thot avrebbe trascritto i misteri dei cieli in alcuni libri sacri, che poi avrebbe nascosto sulla Terra perché solo i più degni, tra le generazioni future, li trovassero.
Secondo alcune teorie sarebbero nascosti in una camera segreta situata al di sotto della Sfinge, ma le ricerche effettuate con le più moderne tecnologie, sia sotto che nell’area circostante il monumento, non hanno ancora rivelato la presenza di cripte sotterranee. Secondo altre teorie, invece, li avremmo sempre avuti davanti agli occhi. Si tratterebbe dell’intero complesso delle Piramidi di Giza e della Sfinge che, se esaminato nell’insieme, sarebbe una copia “terrena” di una situazione astronomica ben precisa calcolabile grazie alla precessione degli equinozi.
La precessione degli equinozi è un movimento dell’asse terrestre, simile a quello di una trottola, che ne fa cambiare l’orientamento rispetto alla sfera celeste. E’ una rotazione talmente lenta che, per compiere un giro su se stesso, l’asse terrestre impiega quasi 26000 anni, durante i quali la posizione delle stelle sulla sfera celeste cambia, per poi tornare al punto di partenza.
Un calendario di catastrofi?
L’intento degli antichi sarebbe stato quello di trasmettere ai posteri il modo per calcolare la fine di ogni ciclo precessionale, solitamente accompagnato da catastrofi planetarie. Per questo eressero costruzioni talmente imponenti da resistere al peggiore dei cataclismi, monumenti nelle cui proporzioni matematiche e allineamenti astronomici, era contenuto un messaggio che, in questo modo, sarebbe sopravvissuto al trascorrere dei millenni.
In ogni caso l’enigma sull’esistenza dei libri di Thot è, per ora, destinato a rimanere tale anche perché, anticamente la conoscenza veniva trasmessa per via oral
II documento più antico che ci parla di una camera segreta situata nella necropoli di Giza, è il cosiddetto Papiro Westcar, conservato al Museo di Berlino. In tale camera, secondo alcuni studiosi, sarebbero contenuti i Libri di Thot. Il “Testo del Sarcofago” ci parla invece di un “qualcosa” che conterrebbe le emanazioni di Osiride, sigillato nell’oscurità e circondato dal fuoco. Da anni alcuni ricercatori propongono una teoria secondo la quale i Libri di Thot non sarebbero altro che gli Archivi di Atlantide, così come gli stessi dei Egizi ne sarebbero i superstiti, arrivati in Egitto nel cosiddetto “Primo Tempo”. Ma a prescindere da tutte le ipotesi, alcune delle quali veramente fantasiose, forse qualche colpo di scena ce lo dobbiamo aspettare anche perché, come sappiamo, l’Egitto è una specie di scatola cinese che si apre ad orologeria quando meno te lo aspetti
Le tavole di ThothLe Tavole Smeraldine dette anche di Thoth, non tutti conoscono la storia di queste tavole e conoscerla fà comprendere meglio questi testi così inconsueti.
Bisognerebbe leggere tutte le tavole per farsi un’idea chiara, altrimenti è come essere davanti ad un parorama e guardare solo un particolare che, non può dare la visione d’insieme.
La rilettura porterà a mutare la prima impressione e a comprendere concetti che non si erano considerati. Più si leggeranno e più si comprenderà in quanto si tratta di un testo vivo, che dice quello che il lettore è pronto ad apprendere a seconda del suo grado di consapevolezza.
La storia delle tavolette di Thoth è al di là del credo dei moderni scienziati, e non potrebbe essere diverso perchè la scienza data la costruzione delle piramidi al massimo 4000 anni A.C. mentre le tavole di Thoth fanno risalire la civiltà egiziana a 52.000 mila anni A.C. La scienza non può riconoscere le tavole di Thot, perchè se lo facesse dovrebbe rivedere tutte le sue teorie, gli studi e le conclusioni, sostenute fino a questo momento. Per la scienza e i baroni della falsa conoscenza significherebbe ritornare sui banchi di scuola, e questa volta da allievi e non da blasonati professori.
L’autore è Thoth, un Sacerdote-Re Atlantideo, che fondò una colonia nell’antico Egitto circa 52.000 anni fa A.C. dopo che Atlantide fu distrutta …. almeno secondo la legenda. Egli è stato il costruttore della Grande Piramide di Giza, erroneamente attribuita a Cheope. Per circa 16.000 anni, egli ha governato l’antica razza d’Egitto, dal 52.000 A.C al 36.000 A.C. Thoth era un immortale, cioè, aveva vinto la morte. La sua vasta saggezza fece di lui il capo di varie colonie di Atlantide, tra cui quelle emigrate nell’America Centrale e del Sud
Quando giunse il tempo per lui di lasciare l’Egitto, egli eresse la Grande Piramide di Cheope, e oltre l’entrata della Grande Sala di Amenti, mise guardie affinchè proteggessero i segreti affidati alla piramide. In tempi successivi, i discendenti di queste guardie divennero sacerdoti della piramide, in cui Thoth fu venerato come Dio della Saggezza e della conoscenza. Durante le ere successive, l’ego di Thoth passava nei corpi degli uomini nella maniera descritta nelle tavolette. Come tale egli si incarnò tre volte. Nella sua ultima fu conosciuto come Hermes, il tre volte nato. In questa incarnazione, ha lasciato i suoi scritti conosciuti ai moderni occultisti come le Tavolette di Smeraldo. Le tavolette tradotte sono dieci e, sono state lasciate nella Grande Piramide in custodia ai sacerdoti.
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Agharti
Secondo la tradizione induista, esiste un grande regno sotterraneo, chiamato Agharti (in sanscrito "l'inaccessibile"). Qui dimorerebbe il Re del Mondo, colui che, da Shamballah (in sanscrito "città degli smeraldi"), la capitale di questo grande luogo mitico, domina le menti dei grandi, dei re, degli imperatori e dei presidenti di tutto il mondo. Qui, vivono esseri superiori, da tempo immemorabile. Esseri capaci di cose inaudite, in grado di usare ancora quell'energia che noi, uomini di superficie, abbiamo ormai dimenticato ad usare, l'energia chiamata Vril. Un'energia che, volendo, può essere ancora risvegliata, in quanto è presente ancora in tutti noi, ma è "addormentata". Questa energia permette, a chi la sa usare, di volare, di spostare oggetti solo con la forza del pensiero, di leggere nella mente altrui.
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Alessandro & Bucefalo
Alessandro "Il Magno" mostrò la stoffa del grande condottiero sin dalla primissima età d'infante.
Sedusse con la sua "arte" da conquistatore anche un cavallo giudicato indomabile e per questo da eliminare.
"Bucefalo", un cavallo, un uomo, una sola storia...
Bhagavad Gita e Avatar
Testi sacri fondamentali nella genesi dell’induismo sono i due grandi poemi Ramayana e Mahabharata.
Il Ramayana si ritiene sia stato scritto tra il 200 a.c. e il 200 d.C, mentre il Mahabharata tra il 400 a.C. e il 300 d.C.
Sono scritti di grande complessità, che contengono leggende, filosofie, miti e credenze, narrate ampiamente mescolate.
Il Mahabharata è il poema epico più lungo della storia, consta di circa 100.000 versi e contiene un’opera essenziale per comprendere la religione indù e la figura dell’Avatar.
È la Bhagavad Gita che narra la relazione di scontro prima, e d’amicizia poi, tra il dio Krishna e il potente guerriero Arjuna.
Il dio è teso a convertire il guerriero, insegnandogli la forma adeguata di condurre una vita retta e religiosa, pertanto Krishna è una specie di salvatore per gli esseri umani, rappresentati dal discepolo Arjuna.
Nel testo spiega che egli è un Avatar, parola che significa “discesa” o incarnazione.
L’Avatar pertanto, è la forma fisica adottata da un dio per discendere nel mondo e ristabilire l’ordine.
Per la credenza indù, in questo momento il mondo sta vivendo un’era oscura, conosciuta come Kali Yuga, iniziata, secondo la credenza, nel 3012 a.C.
In questa epoca in preda al caos, tornerà a incarnarsi sulla Terra il decimo Avatar, che infliggerà grandi castighi all’umanità, terminando tuttavia il tempo del Kali Yuga e instaurando una nuova età dell’oro, dove prevarranno gli ideali spirituali di giustizia.
Sigirya - cittadella sulla roccia
Sigiriya è un'antica cittadella costruita sulla cima di una gigantesca roccia megalitica a 300 metri sopra il paesaggio circostante. Si trova nello Sri Lanka, e continua a essere oggetto di studio da parte dei ricercatori, impegnati a risolvere ancora numerosi enigmi e misteri che avvolgono questo luogo storico. Un riparo di roccia individuato a est della rocca mostra tracce di un insediamento che risale a quasi 5 mila anni fa, al periodo identificato come Mesolitico.
La cittadella è adagiata su di una roccia composta di una dura placca magmatica eredità di un vulcano eroso e rappresenta uno degli esempi meglio conservati dell’urbanistica antica, mostrando tecniche costruttive molto più avanzate di quanto fosse possibile all’epoca.
Il sito è costellato di cavità riccamente decorate con affreschi che rappresentano scene di donne dal significato e scopo ancora sconosciuto. I dipinti potrebbero aver coperto buona parte della facciata della roccia, un’area lunga 140 metri e alta 40.
Secondo la leggenda locale, la cittadella sulla rocca sarebbe stata creata dagli dei discesi dal cielo e modellata sulla base del mitico Palazzo Celeste di Kuvera, il dio della ricchezza.
Si conoscono molte antiche tradizioni, dove la costruzione di cittadelle sulla cima di montagne o rocce rappresentava il desiderio di raggiungere il cielo, emulando gli dei.
Un palazzo come quello di Sigiriya voleva forse essere inteso come un portale simbolico tra il nostro mondo e quello degli dei.
Ultima modifica di Annali il Gio Giu 01, 2017 8:40 pm - modificato 1 volta.
La Piramide dell'Indovino
Uxmal, nome che deriva dalle leggende che ancora sono tramandate dai discendenti Maya, è stato il più grande centro metropolitano e religioso sorto sulle colline dello Yucatan.
Si trova in Messico, sulla penisola dello Yucatan, in un importante sito archeologico centro cerimoniale, dove si trova la “Piramide dell’Indovino”, l’elemento più interessante di tutto il sito.
La mitologia nomina il dio Itzamnà, dio del sole, del mais, della scrittura e le arti, come colui che eresse la piramide in una notte con solo la sua forza e magia.
Esiste un’altra versione in chiave leggendaria dove si parla di un misterioso nano, nato da un uovo (da qui forse l’etimologia del suo nome, derivato da lucertola o caimano “Itzam”), covato da una anziana donna. Era talmente brutto che una volta cresciuto fu condannato a morte. La vecchia chiese, allora, la grazia per il figlio al sovrano di Uxmal, che s’impegnò a salvargli la vita se il nano fosse stato in grado di costruire la più alta piramide della città in una sola notte.
Il nano, brutto ma con magici poteri, riuscito nell’impresa di costruire la piramide, (che gli fu poi dedicata) fu magnificato e designato quale nuovo re di Uxmal.
Lo Zodiaco di Dendera
Secondo la tradizione, a Dendera venne ritrovato uno dei sedici pezzi del corpo di Osiride, ucciso dal dio Seth. Il tempio è un complesso templare molto grande, occupa circa 40.000 metri quadrati ed è il tempio meglio conservato di tutto l'Egitto. Le sue origini sono molto antiche (2250 a.C.) anche se è stato ricostruito diverse volte, ed i resti attuali risalgono al 360 a.C.
La maggior parte della struttura si trova nel sottosuolo, fin dalla sua costruzione le cripte erano raggiungibili solo tramite passaggi camuffati e botole sul pavimento.
Gli interni e gli esterni dell’edificio sono ricoperti da moltissimi geroglifici ed istoriazioni con il soffitto della grande sala ricco di raffigurazioni astronomiche. In una di queste si vede la dea Nut che abbraccia il cielo stellato. Il segno del Cancro è davanti alla sua gamba, seguito poi dalle altre costellazioni, lasciando supporre che la civiltà egizia sia iniziata quando il Sole stava in quel segno all’equinozio di primavera (8000 – 6000 a.C.).
Lo Zodiaco, (per l’esattezza una sua copia in gesso, l’originale si trova al Louvre), di forma circolare, è posto sul soffitto di un piccolo tempio, la presunta tomba di Osiride, costruito sulla terrazza di quello principale.
Riproduce il cielo con le dodici costellazioni zodiacali di origine babilonese, circondate da quelle cinque egizie e con i cinque pianeti allora conosciuti.
A detta di alcuni studiosi, lo Zodiaco originale indicava che l’asse della terra ad un certo punto cambiò inclinazione. Era avvenuto un cataclisma? Gli egizi sapevano molte più cose di quanto si creda? È probabile che avessero raggiunto buone conoscenze scientifiche e tecniche, basti pensare che nel deserto della Nubia, nel 5000 a.C. un’antica popolazione realizzò un complicato intreccio di megaliti ed anelli di pietra allineato con il Sole e le stelle.
Una piccola Stonehenge di 3,5 metri di diametro.
La dea Nut
Miti e limoni
Secondo la mitologia greca, la dote di Giunone sposa a Giove, consisteva in alcuni alberi i cui frutti erano meravigliosi pomi d'oro, cioè arance e limoni. Giove preoccupato che ladri invidiosi potessero privarlo di quel prezioso dono, li fece custodire dalle ninfe Esperidi in un meraviglioso giardino.
Portare i pomi d'oro agli uomini fu una delle fatiche che Ercole dovette compiere.
Il limone si è diffuso dal nord dell'India alla Cina e nell'Asia sudoccidentale, luogo dove è possibile trovarne diciassette circa specie diverse.
La coltivazione del limone, susseguentemente, si è estesa al Medio Oriente, in particolare in Mesopotamia, dalla quale a loro volta, gli schiavi ebrei liberati la introdussero in Palestina.
Furono talmente colpiti dalle caratteristiche di questo frutto da inserirlo in alcuni loro riti religiosi e diffondendolo nel resto del bacino Mediterraneo.
I Romani conobbero il limone più tardi rispetto ad altri popoli, in seguito ai contatti con i Persiani.
Nei mosaici di Pompei vi si trovano raffigurati dei limoni e Virgilio, nelle "Georgiche", accenna all'uso della mela dei Medi ( così erano chiamati allora) quale potente antidoto al veleno, proprietà questa, in seguito confermata.
I Romani non amavano particolarmente il limone e se ne persero le tracce fino alle invasioni arabe di Spagna e Italia Meridionale.
Furono dunque gli arabi e i crociati di ritorno dalla Palestina, che lo diffusero nuovamente portando alberelli di limoni in patria.
Vennero impiantati così i primi agrumeti che si propagarono in tutte quelle zone dotate di climi caldo temperati.
Limoni - la voce di Nando Gazzolo
Re: Miti e leggende
La forma di vita terrestre è unita da stretti legami, con un’unica chimica organica e una comune eredità evolutiva.
Era l’anno 1185, l’imperatore del Giappone era un bambino di sette anni di nome Antoku, tanto bello che sembrava emettere luce brillante. La sua potente famiglia, gli Heike, combatteva da anni una guerra cruenta contro i rivali Genji, altra famiglia che gli contendeva il potere. Lo scontro decisivo avvenne nella battaglia navale a Da-no-ura, nel Mar del Giappone, il 24 aprile, dove gli Eike, in numero minore, furono sopraffatti e sconfitti, molti uccisi, qualcuno disperso in mare.
La nonna dell’imperatore non voleva che il nipote fosse catturato dal nemico e fece in modo di sottrarlo al suo triste destino. Lo prese per mano e lo pregò di seguirla senza timore. Il bambino, guardandola sorpreso e ansioso le chiese dove volesse portarlo. Lei, piangendo, gli raccolse i lunghi capelli nella veste color porpora, confortandolo. Lui capì, e con le lacrime agli occhi congiunse le mani, si volse a est per dire addio al dio di Ise e poi a ovest per ripetere una preghiera al Buddha Amida. La nonna lo strinse forte a sé e con le parole “ Il fondo dell’oceano sarà la nostra reggia” scomparvero insieme tra le onde.
Questo è raccontato nella Storia degli Heike.
Dopo che la flotta degli Heike fu distrutta, i pochi sopravissuti, specialmente dame della corte imperiale, si adattarono a vivere con i pescatori del luogo. Gli Heike ormai fuori dalla storia, non svanirono completamente dalla memoria, mantenuta viva dal gruppo dei pochi sopravvissuti, dalle donne e i figli avuti dai pescatori. Ogni anno, il 24 aprile, i discendenti indossano vesti rosse di canapa, copricapi neri e si recano al mausoleo dell’imperatore annegato per assistere alla rappresentazione degli eventi che seguirono alla battaglia di Dan-na-dura. Passarono i secoli e la gente del luogo continuò a immaginare di vedere armate di fantasmi cercare invano di prosciugare il mare per ripulirlo del sangue, della sconfitta e dell’umiliazione.
I pescatori dicono che i samurai vagano ancora in forma di granchi sui fondali del mar del Giappone, fatto avvalorato dal ritrovamento di granchi con segni sul dorso, incisioni e sagome che ricordano il volto di un samurai. Quando ne viene pescato uno, è restituito subito al mare.
Sarà una leggenda, ma come può essere di trovare sembianze di guerrieri samurai impressi sul carapace di granchi? Forse anche prima della battaglia di Dan-na-dura, i pescatori, trovando granchi con volto umano impresso, erano restii a cibarsene e li ributtavano in mare, mettendo in moto un processo ereditario, una selezione artificiale, attuato più o meno inconsciamente da parte dei pescatori.
Era l’anno 1185, l’imperatore del Giappone era un bambino di sette anni di nome Antoku, tanto bello che sembrava emettere luce brillante. La sua potente famiglia, gli Heike, combatteva da anni una guerra cruenta contro i rivali Genji, altra famiglia che gli contendeva il potere. Lo scontro decisivo avvenne nella battaglia navale a Da-no-ura, nel Mar del Giappone, il 24 aprile, dove gli Eike, in numero minore, furono sopraffatti e sconfitti, molti uccisi, qualcuno disperso in mare.
La nonna dell’imperatore non voleva che il nipote fosse catturato dal nemico e fece in modo di sottrarlo al suo triste destino. Lo prese per mano e lo pregò di seguirla senza timore. Il bambino, guardandola sorpreso e ansioso le chiese dove volesse portarlo. Lei, piangendo, gli raccolse i lunghi capelli nella veste color porpora, confortandolo. Lui capì, e con le lacrime agli occhi congiunse le mani, si volse a est per dire addio al dio di Ise e poi a ovest per ripetere una preghiera al Buddha Amida. La nonna lo strinse forte a sé e con le parole “ Il fondo dell’oceano sarà la nostra reggia” scomparvero insieme tra le onde.
Questo è raccontato nella Storia degli Heike.
Dopo che la flotta degli Heike fu distrutta, i pochi sopravissuti, specialmente dame della corte imperiale, si adattarono a vivere con i pescatori del luogo. Gli Heike ormai fuori dalla storia, non svanirono completamente dalla memoria, mantenuta viva dal gruppo dei pochi sopravvissuti, dalle donne e i figli avuti dai pescatori. Ogni anno, il 24 aprile, i discendenti indossano vesti rosse di canapa, copricapi neri e si recano al mausoleo dell’imperatore annegato per assistere alla rappresentazione degli eventi che seguirono alla battaglia di Dan-na-dura. Passarono i secoli e la gente del luogo continuò a immaginare di vedere armate di fantasmi cercare invano di prosciugare il mare per ripulirlo del sangue, della sconfitta e dell’umiliazione.
I pescatori dicono che i samurai vagano ancora in forma di granchi sui fondali del mar del Giappone, fatto avvalorato dal ritrovamento di granchi con segni sul dorso, incisioni e sagome che ricordano il volto di un samurai. Quando ne viene pescato uno, è restituito subito al mare.
Sarà una leggenda, ma come può essere di trovare sembianze di guerrieri samurai impressi sul carapace di granchi? Forse anche prima della battaglia di Dan-na-dura, i pescatori, trovando granchi con volto umano impresso, erano restii a cibarsene e li ributtavano in mare, mettendo in moto un processo ereditario, una selezione artificiale, attuato più o meno inconsciamente da parte dei pescatori.
Il Pifferaio Magico di Hamelin
Questa non è storia né leggenda, è una delle favole contenute nella celebre raccolta dei fratelli Grimm.
Racconta di una città situata sulle rive del fiume Weser, Hamelin, infestata dai topi, e delle portentose doti di un suonatore di piffero.
Un giorno l’uomo si presenta alle porte della città e si dichiara in grado di liberarla dai topi. Il borgomastro ben lieto di metterlo alla prova, gli promette una lauta ricompensa in caso di successo. La vita degli abitanti si era fatta, negli ultimi tempi, molto difficile, a causa della miriade di topi che infestava ogni casa e ogni luogo.
Il pifferaio comincia a suonare e tra lo stupore generale, i topi, incantati dal suono del suo strumento, gli si radunano attorno e lo seguono docilmente fino al fiume, dove lui, sempre suonando li sta portando.
Giunto sull’argine si ferma, mentre la massa dei topi prosegue la corsa cadendo nel fiume e annegando.
Tornato in città, il pifferaio si vede negare dal borgomastro la ricompensa promessa, essendo oltretutto scacciato in malo modo dagli abitanti.
La vendetta del pifferaio, di fronte al voltafaccia inaspettato, non si fa attendere e inizia a suonare una nuova melodia. Questa volta a seguirlo sono i bambini, attratti in modo irresistibile dalla sua musica. Il corteo di bambini guidato dal pifferaio si inerpica su per la montagna, entrano tutti in una caverna scomparendo per sempre.
Una conclusione terribile per i poveri bambini, e una crudeltà esagerata da parte del pifferaio, ma questa è la favola dei fratelli Grimm e si sa che talvolta, le loro favole mancavano proprio del lieto finale.
Tuttavia, esistono diverse versioni, dove i bambini tornano sani e salvi dopo che i genitori pagano al pifferaio la lauta ricompensa pattuita.
La versione in video, con variazione e finale a sorpresa, di Walt Disney.
L'eldorado fantastico
Negli anni 1530-1540, il mito dell’oro, la pretesa di riscatto di Francesco Pizzarro, oro e argento in cambio della vita di Atahualpa re degli Inca suo prigioniero, accese la fantasia e la cupidigia, dei conquistadores spagnoli.
Per il loro signore gli indios versarono tonnellate d’oro. Esisteva dunque, l’oro non era una favola, lo avevano visto e ricevuto: i templi, le case di principi e signori ne erano ricoperti, il paese sterminato era pieno di tesori, possibilità per tutti di arricchirsi.
L’avidità, spinse gli uomini venuti dal mare, sottomettendo i nativi quando ancora non li sterminavano, a inoltrarsi in quelle terre sconosciute.
Nel Perù, come gli spagnoli avevano chiamato la terra degli Inca, iniziò a propagarsi il mito dell’indio d’oro, stimolando molti esploratori ad addentrarsi nelle boscaglie ignote, dove i più morivano per mancanza di cibo o anche spesso, per le insidie della giungla.
Tre spedizioni, tra le molte che riuscirono a sopravvivere, si ritrovarono sugli altopiani dell’attuale Colombia. La prima fu quella di Gonzalo Jiménez de Quesada, che fondò un insediamento divenuto Bogotà, capitale colombiana, raggiunto in seguito nel 1538 dal gruppo guidato da Belalcazar proveniente da Quito, dove aveva appreso la storia di Eldorado. Raccontava del re, signore di una ricchissima civiltà, che navigava su una zattera ricoperto d’oro, gettando offerte in oro e smeraldi nel lago. Erano un omaggio alle creature divine che abitavano nelle profondità, da dove emerse nella memoria del tempo, la dea madre del genere umano, mentre sulle rive gli indios in festa ballavano.
Nel Museo dell’Oro di Bogotà, è custodita una rappresentazione della zattera.
Le favolose terre furono cercate in varie zone dell’America del Sud, esplorando e alimentando il mito e il mistero di un Eldorado nascosto.
Francisco Orellana, ricevuto l’incarico di inoltrarsi su un fiume in cerca di cibo, si spinse avanti sino ad arrivare nel Rio delle Amazzoni, donne guerriere che avrebbero dato il nome al fiume.
Non trovarono preziosi, ormai depredati, né ricchissime miniere, né templi dorati.
L’Eldorado, il regno dell’oro, continuò nonostante tutto a esistere nel mito, alimentando la leggenda che perdura ancor oggi nella fantasia.
Ultima modifica di Annali il Gio Giu 01, 2017 8:46 pm - modificato 1 volta.
La Befana vien di notte...
"La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte..."
Questa filastrocca della befana, chissà quante volte l'avrete sentita pure voi, da bambini. Ma da dove nasce la leggenda della befana?
Da sempre ci è tramandata legata al giorno dell'Epifania, al viaggio dei Re Magi verso il luogo di nascita di Gesù bambino.
Ma chi era la befana? Scopriamolo insieme...
Re Artù fra storia e leggenda
I primi documenti concernenti Re Artù risalgono tra il V e il VI secolo d.C. ma testimonianze reali sua esistenza ancora non ne sono state trovate, almeno non scritti o iscrizioni a lui contemporanei.
La più antica citazione in cui compare il suo nome si trova nell’Historia Brittonum, redatta da un monaco verso la fine dell’VIII secolo. Si tratta comunque di un riassunto alquanto lacunoso di storia britannica, dal 428 al 547, che in verità, non parla di Re Artù, ma racconta le gesta di un soldato con quel nome. Lo si nomina come comandante militare impegnato a difendere i domini del re dei britanni dagli invasori sassoni.
Racconti e leggende su re Artù circolavano anche in Irlanda e in Normandia, dove il suo nome comparve la prima volta nel 1050. Anche in Italia, precisamente a Modena, sulla Porta della Pescheria del Duomo, esiste un bassorilievo datato tra il 1099 e il 1120, che raffigura il re e i suoi cavalieri che salvano Ginevra dai briganti, ed è la prima rappresentazione artistica di Artù.
Insieme al mago Merlino, comparve nell’Historia Regum Britanniae, redatta dal monaco Goffredo di Monmouth, dalla quale in pratica, pare impossibile districare i fatti dalla fantasia.
La forma definitiva della storia di re Artù si deve a Sir Thomas Malory, un cavaliere inglese che nel 1485 pubblicò un racconto dal titolo: “ La morte di Artù”, dove compaiono Lancillotto, la Tavola Rotonda, Camelot e il Graal.
Racconta della tavola che il re fece costruire rotonda perché tutti si sentissero uguali.
Per molti secoli si è continuato a credere che la Tavola Rotonda di Re Artù fosse quella conservata nel castello di Winchester, nell’Hampshire, mentre, in realtà, quella tavola fu fatta costruire, forse, per Enrico III (1216-1272), nel simbolico tentativo di ridare vita allo spirito cavalleresco dell’epoca arturiana.
Venne poi ridipinta, nella sua versione attuale con il cerchio diviso in 25 spicchi, uno per il re e 24 per i cavalieri, con una rosa al centro simbolo dei Tudor, per Enrico VIII.
Fu smontata dal supporto che la reggeva nel 1976, per farne una datazione con il metodo del carbonio 14, risultando proveniente da alberi tagliati nel tredicesimo secolo.
La traccia decisiva che confermerebbe la reale esistenza di Re Artù, potrebbe essere la lastra di ardesia risalente al VI secolo, rinvenuta in Cornovaglia, nei pressi di Tintagel, sulla quale è incisa la frase in latino il cui significato è: “Artù, ha fatto costruire questo luogo”.
L’iscrizione, pur non dando conferme in assoluto alla figura storica o leggendaria di Artù, dimostra per la prima volta che quel nome esisteva a quell’epoca, e dunque, la tentazione di legare la pietra ad Artù, potrebbe apparire giustificata.
Comunque, molto suggestiva.
Ultima modifica di Annali il Gio Giu 01, 2017 8:50 pm - modificato 1 volta.
La leggenda di Santa Lucia
La notte del 13 dicembre i bambini aspettano Santa Lucia. Vanno a letto prestissimo, dopo aver preparato una scodella di latte e la biada per l’asinello della Santa, carico di doni per i bambini buoni. Proibito farsi sorprendere svegli! Si rischia di riceve la cenere negli occhi.
Così, alla prima scampanellata, ( c’è sempre un volontario che passa di casa in casa scampanellando) tutti sotto le coperte.
La mamma, nei giorni precedenti la festa, ci raccontava la storia di santa Lucia, e ora la racconto a voi, giusto come è stata raccontata a me. Che sia storia vera oppure nata da leggenda popolare, non saprei dirlo. Io, allora bimba ci credevo, voi leggete e poi ditemi che ne pensate. Magari qualcuno già la conosce per averla sentita da piccoli. Ma quanto tempo è passato da allora? Dunque, per chi già la conosce e vuole rinfrescarsi la memoria, e per chi la leggerà per la prima volta, la storia inizia così:
“ Nella città di Siracusa viveva Lucia, una bellissima ragazza, dai lunghi e folti capelli biondi e gli occhi grandi e luminosi. Vestiva abiti lussuosi essendo nata da una ricca famiglia.
Era corteggiata da un giovane signore della stessa città che ambiva sposarla. Lei però, non voleva saperne perché voleva dedicare la sua vita al Signore.
Allora lo spasimante offeso e con il cuore pieno di vendetta, andò dal giudice romano della città per denunciare Lucia come cristiana.
Viene decretato il suo arresto e pronunciata la condanna a morte.
Quando chiude gli occhi per sempre i cristiani trasportano il suo corpo nelle catacombe, e vi rimane finchè non viene rimosso e sepolto in una delle chiese di Siracusa.
Trascorsero gli anni, circa settecento, ma nessuno si dimenticò di lei, una fanciulla tanto bella e buona.
Vi furono guerre e in una di queste il comandante vincitore decise di portare al suo imperatore il corpo di quella fanciulla che i siracusani amavano tanto, in segno di vittoria.
Aperta la tomba, videro che Lucia era ancora bella e fresca, come non fosse morta. Indossava una veste rossa, lunga e lucente, sul capo un velo di seta bianca con strisce gialle, come tante file di stelle.
Il capitano affascinato da tanta bellezza, la fece mettere in una cassa d’argento e la portò con sé fino a Costantinopoli. Gli abiti però, i cittadini di Siracusa preteso che rimanessero a loro, dentro la chiesa, perché i fedeli potessero vederli e ricordarsi di Lucia.
Dopo cento o passa più anni, Costantinopoli, la ricchissima città dell’Impero d’Oriente, famosa per le sue cupole d’oro, fu conquistata dai Veneziani, che, insieme a tutto l’oro trovato, si portarono via anche santa Lucia.
Ora, se non è leggenda ma storia, le spoglie di Lucia si trovano nella chiesa di San Geremia, e, nella notte del 13 dicembre, vestita di un abito rosso e un mantello trapunto di stelle, insieme al suo asinello, con un sonaglino d’oro al collo, passa di casa in casa a dispensare doni ai bimbi.
Annibale e la leggenda della Rupe
Annibale valica le Alpi.
La sua marcia fu così rapida che i romani non riuscirono a intercettare l'esercito cartaginese prima che giungesse in prossimità delle Alpi, che furono valicate superando giganteschi ostacoli.
Annibale conduceva in Italia un esercito di ventimila soldati e seimila cavalieri con enormi elefanti.
il primo scontro con l'avanguardia romana avvenne presso il fiume Trebbia,nel 218 a.C.
La leggenda della Torre del Diavolo
Nell’angolo nordorientale del Wyoming (USA), c’è una montagna impressionante di rocce ignee simile a un gigantesco tronco d’albero pietrificato. I nativi americani sin da tempi molto remoti la considerano un luogo sacro.
Il nome di questa insolita formazione geologica che s’innalza per 1588 metri sul livello del mare, è “Torre del Diavolo”. Ciò che la rende tanto insolita è la superficie completamente piatta con dei solchi verticali al fianco, interpretati dai nativi come graffi delle zampe di orso.
Racconta una leggenda lakota che mentre sette bambine giocavano vicino al villaggio, alcuni orsi si avvicinarono per divorarle. Le bambine saltarono sopra una roccia gridando: “Roccia, salvaci, abbi pietà di noi!”. Il Grande Spirito le udì e fece innalzare la roccia al cielo, mentre gli orsi cercando di arrampicarsi lasciavano con gli artigli le incisioni visibili ancora oggi.
Non riuscirono a raggiungerle perché la roccia salì tanto in alto che le bambine divennero le stelle di una costellazione: le Sette Sorelle delle Pleiadi.
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