Stelle Galassie Nebulose Buchi neri
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Arp 87
Arp 87 è, in realtà, una coppia di galassie, scoperta originariamente e catalogata negli settanta da Halton Arp.
Nell’immagine a destra è visibile la NGC 3808, osservabile quasi di fronte con un anello di brillante formazione stellare e numerosi bracci di di polveri che si dipartono fino a contornare la sua compagna NGC 3808A, vista di lato circondata da un anello rotante contenente stelle e nubi di gas interstellare.
Entrambe le galassie appaiono distorte della mutua interazione gravitazionale, un processo dal quale spesso iniziano numerose formazioni stellari, quando l’intensità della radiazione infrarossa emessa viene riscaldata ad alta temperatura.
Re: Stelle Galassie Nebulose Buchi neri
La galassia nana Holmberg II, ripresa dal telescopio spaziale Hubble, si presenta in una forma difficile da classificare, circondata di enormi bolle di gas incandescente. Non ha i bracci tipici di una galassia a spirale e nemmeno un nucleo denso di una galassia ellittica, è piuttosto un mosaico di regioni di formazione stellare che si estende attraverso milioni di anni luce.
Le conchiglie fiammeggianti che la contraddistinguono sono state prodotte dai cicli di vita energetici di molte generazioni stellari. Dalle regioni dense di gas, dove si sono formate, hanno disperso il materiale nello spazio circostante. Giunte al termine della loro vita esplodendo come supernove e infiammando i gas presenti nello spazio, formano luminose strutture a conchiglia che compaiono in Holmberg II.
La galassia ospita, nel mezzo delle tre bolle visibili nell’immagine in alto a destra, una sorgente ultraluminosa di raggi X per la quali si ipotizza la presenza di un buco nero di media massa, in grado di attirare il materiale che lo circonda.
Ali di farfalla
Una nuova straordinaria immagine della nebulosa Twin Jet, scattata da Hubble. In dettaglio mostra come il gas si espande dal centro alla periferia disegnando due volute simili a gigantesche ali di farfalla. Sono materiali iridescenti che si stanno allontanando dal sistema centrale alla velocità superiore al milione di km orari.
La Twin Jet, nota anche con la sigla PN M2-9, scoperta nel 1947 dall’astronomo Rudolph Minkwsli, oltre a essere una nebulosa planetaria è anche una nebulosa bipolare originata da un sistema binario di stelle, ciascuna delle quali con una massa simile al Sole. La maggiore ha espulso i suoi gas nello spazio, mentre la più piccola si è evoluta in una nana bianca.
La caratteristica forma incandescente ad ali di farfalla, probabilmente è dovuta al moto rotatorio delle due stelle intorno al centro comune, in un movimento reciproco che oltre a essere la causa principale dei due getti di materiale gassoso, lo è anche per il disco gigantesco di materiali che orbita intorno alle stelle e che si estende velocemente nello spazio.
VY Canis Majoris
Il primato del cosmo, di quello che noi sino a oggi conosciamo, va senza dubbio a VY Canis Majoris, un’ipergigante rossa nella costellazione del Cane Maggiore, distante 5.000 anni luce dalla Terra. La grande distanza la rende invisibile a occhio nudo, pure essendo la stella più luminosa della Via Lattea, circa 500.000 volte il Sole.
La palma di gigante del cosmo, almeno di quello fino ad oggi conosciuto, va a VY Canis Majoris, una ipergigante rossa nella costellazione del Cane Maggiore, a 5.000 anni luce da noi. Secondo le stime ha un diametro di oltre 3 miliardi di km, circa 1.000 volte quello del Sole: per sorvolarne la superficie da parte a parte con un aereo commerciale occorrerebbero più di 350 anni.
Assolutamente invisibile a occhio nudo, per via della distanza, è tuttavia la stella più luminosa della Via Lattea: circa 500.000 volte il Sole. Se si trovasse al posto della nostra stella, i suoi strati più esterni si estenderebbero oltre l'orbita di Saturno, sesto pianeta del Sistema Solare.
In cielo un amo da pesca!
La galassia chiamata JO82354.96, ripresa dal telescopio spaziale Hubble, somiglia a un piccolo amo scintillante. Si tratta di una galassia starburst (esplosione stellare) detta così per l’alto tasso di formazione stellare che avviene all’interno.
Sondando la natura e la struttura di queste galassie, osservando il comportamento delle polveri e i componenti gassosi, quando gli elettroni all’interno di un atomo di idrogeno passano da un livello energetico superiore a uno inferiore emettendo luce, permette agli scienziati di capire di che cosa è composta una galassia.
Il cielo blu di Plutone
L’ultima incredibile immagine di New Horizons di pochi giorni fa ci mostra un inaspettato cielo blu. Le particelle che costituiscono gli strati atmosferici di Plutone probabilmente sono grigie o sul colore rosso ma la luce si disperde in un sorprendente colore blu.
M 51 Galassia Whirpool
Il 13 ottobre 1773, mentre era intento a osservare una cometa, l'astronomo francese Charles Messier osservò per la prima la galassia M51 nella costellazione dei "Cani da caccia", cui diede il nome di galassia "Vortice" (Whirpool). M51 è famosa per la sua stupenda struttura a spirale, l'immagine mostrata è stata ottenuta con quattro esposizioni della Wide Field Planetary Camera-2 dello Hubble Space Telescope alle lunghezze d'onda del rosso, blu e verde. Il nucleo centrale misura circa 80 anni luce di diametro ed ha una luminosità di circa 100 milioni di volte quella solare. Inoltre la concentrazione di stelle nel nucleo centrale è di 5.000 volte più alta di quella che si ha nella regione della Via Lattea in cui è presente il nostro sistema solare. La stupenda struttura a vortice sarebbe dovuta a un autentico processo di "cannibalismo" cosmico dovuto alla collisione fra due galassie, M51 con la vicina NGC 5195, avvenuto 400 milioni di anni fa. Le stelle situate attorno al nucleo centrale sono molto più vecchie, hanno un'età di circa 8 miliardi di anni. Più lontano dal centro della galassia, a circa 700 anni luce dal centro, si trova una "collana" di ammassi di stelle neonate, con un'età inferiore a 10 milioni di anni.
KG Persei
KG Persei era apparso improvvisamente nel 1901 come stella luminosa rimanendo visibile per un giorno intero ed è oggi, citato fra gli esempi di classica Nova, il brillantamento prodotto sulla superficie di una nana bianca.
Fotograto una prima volta da Chandra nel 2000, rivisitato poi nel 2013, ha rivelato le differenze in termini di proprietà di emissione X (in blu), evidenziando nell’immagine i dati ottici dell’HST, in giallo, e quelli in rosa dal VLA (Very Large Array).
I resti dei materiali espulsi, gas e plasma, accelerati dall’urto dell’esplosione, hanno in 13 anni viaggiato alla velocità di oltre un milione di km orari, percorrendo una distanza di quasi 90 miliardi di chilometri.
Re: Stelle Galassie Nebulose Buchi neri
Un puntino rosa nel cielo
Il puntino rosa catturato dal telescopio spaziale Hubble, visibile al centro dell’immagine, un tempo era una stella simile al nostro Sole, mentre ora è un astro in fin di vita confuso tra la nube di gas e polveri scintillanti che produce intorno a sé: la nebulosa NGC 2371.
I filtri speciali di Hubble evidenziano le aree in verde in cui prevale l’idrogeno, e quelle più ricche d’ossigeno in blu.
I due zampilli in rosa che si notano ai lati della stella sono getti di azoto e zolfo che in migliaia di anni hanno continuamente cambiato direzione, forse influenzati dalla presenza, invisibile, di un’altra stella capace di movimentare i gas che la circondano.
La Cefeide RS Puppis - una candela in cielo
Un guscio di gas e polveri circonda RS Puppis, una Cefeide dieci volte più massiccia del nostro Sole.
Le Cefeidi, nome che deriva dalla stella Cefei, la prima a essere scoperta, sono usate come candele campione per l’individuazione delle distanze cosmiche.
Misurando il loro periodo di variazioni luminose è possibile risalire alla vera luminosità e da questa, confrontandola con quella osservata in cielo, alla loro distanza.
Studiando la luce proveniente da RS Puppis, controllando l’evoluzione della luminosità di differenti regioni della nebulosa e comparando l’andamento luminoso della Cefeide, è stato agevole, dopo aver misurato la separazione apparente nel cielo, risalire alla distanza che ci separa dalla stella. Con un’incertezza di circa soli 90 anni luce, probabilmente la distanza più precisa mai individuata, è risultato che RS Puppis dista da noi 6.500 anni luce.
La splendida ripresa della stella realizzata nel 2010 da Hubble Space Telescope.
L'uovo fritto
The Fried Egg Nebula, così è chiamata la stella e il suo guscio, insieme somiglianti a un “uovo fritto”, con il bianco che circonda il tuorlo.
La stella, IRAS 17163-3907, è una supergigante gialla, situata a circa 13.000 anni luce dalla Terra nella Costellazione dello Scorpione. Il suo diametro è circa 1.000 volte maggiore del nostro Sole ed è circa 500.000 volte più brillante.
Le supergiganti gialle essendo esposte frequentemente a eventi esplosivi, variano di luminosità e perdono materia a causa dei forti venti stellari che espellono.
Nella sua forma più attiva la stella espelle materiali pari a quattro volte la massa del Sole nel giro di poche centinaia di anni. È stato il materiale scagliato lontano durante le esplosioni che ha formato il doppio guscio della grande nebulosa, composta di polvere ricca di silicati mescolata con il gas. Tutta quest’attività causerà la sua morte violenta, sarà una prossima supernova che con le onde d’urto darà l’inizio alla formazione di nuove stelle.
Immagine scattata nello spettro infrarosso dal VLT dell’ESO.Stelle supermagnetiche
Il mistero delle stelle supermagnetiche.
Già dal nome si può intuire si tratti di stelle circondate da un mostruoso campo magnetico, un quadrilione di volte più intenso di quello che protegge la Terra dal vento solare.
Sono le "Magnetar", stelle di neutroni in rapida rotazione, createsi per collasso durante l’esplosione di una supernova. Il processo di nascita e la loro evoluzione hanno ancora molti punti oscuri, ma da quanto si ipotizza al momento, sembra che questi oggetti celesti siano estremamente densi, inoltre una Magnetar gira su stessa a una velocità incredibile, compiendo un giro completo in meno di 10 secondi. A causa dell’enorme quantità di energia che contiene ed esprime, la sua superficie è scossa da moti che emettono potenti getti di raggi X e gamma.
Se all'improvviso comparisse una magnetar a metà strada fra la Terra e la Luna, il suo campo magnetico distruggerebbe tutte la carte di credito terrestri in un solo attimo.
Sono oggetti dal pessimo carattere e abitudini violente, destinati a non vivere molto a lungo in termini astronomici. Si pensa che la loro media sia di 10.000 anni, e di conseguenza, nella nostra galassia si stima vi siano circa 30 milioni di “corpi morti” a fronte di una popolazione attiva.
The Blinking Eye Nebula
NGC 6826 è nota come “Nebulosa Occhio Lampeggiante”, per il suo apparire e scomparire a intermittenza durante l’osservazione. Si trova nella costellazione del Cigno, a circa 2.200 anni luce di distanza.
La nebulosa è il residuo di una stella gigante rossa che ha espulso il suo guscio gassoso esterno lasciando una nana bianca al centro di una "bolla" di gas luminoso.
L’alone verde più evanescente è il gas che costituiva, secondo le stime, almeno la metà della massa della stella. La radiazione ultravioletta emessa, comprimendo il gas, spinto dal veloce vento stellare attraverso il materiale più vecchio, ha formato l’anello luminoso.
Le due chiazze rosse su entrambi i lati sono probabili emissioni di gas ionizzato scagliato verso l’esterno a grande velocità.
Immagine scattata dall’Hubble telescopio spaziale.
Triplet Galaxy
La Galaxy Triplet NGC 6769-71 è una tripletta gravitazionale di galassie interagenti. Si trova nella costellazione meridionale del Pavone, a circa 190 milioni di anni luce di distanza.
Le galassie si muovono talvolta in modo frenetico e spesso avvicinandosi troppo finiscono per scontrarsi come nell’immagine, creando eventi drammaticamente distruttivi e nel frattempo motivo di arricchimento: dall’interazione di due o più galassie si formano nuove stelle.
Nei bracci a spirale di NGC 6770 (in alto a sinistra) e di 6769, (a destra) infatti, è ben visibile nei nodi blu, la presenza di numerose regioni di formazione stellare.
Queste due galassie hanno uguale dimensione e luminosità, mentre NGC 6771 (in basso) meno luminosa e leggermente più piccola è alquanto singolare per la forma squadrata che presenta, un evento molto raro fra galassie.
Le due galassie più grandi stanno iniziando a formare un involucro comune intorno a loro, con un accenno di ponte che porta alla più piccola sotto.
Insieme si stanno allontanando alla velocità di circa 3,800 chilometri al secondo, le due principali, NGC 6769 e NGC 6770, mentre NGC 6771 si allontana più velocemente, a 4.200 chilometri al secondo.
Immagine ottenuta dal Very Large Telescope dell’ESO nel 2004, 1° aprile, giorno del quinto anniversario del VLT.
Alchimia stellare
Una stella non può essere eterna. Irradiando energia a spese della propria massa e non avendo energia infinita, alla fine è destinata a spegnersi, dopo essersi formata per aggregazione di materia sparsa. Nello spazio nubi di gas e polveri ce ne sono a bizzeffe e sono immense.
Alla fine del suo ciclo vitale, quando tutto l’idrogeno avrà reagito formando l’elio, e questo sarà esaurito quasi tutto, l’interno della stella collasserà, le temperature dall’interno saliranno di nuovo, alla fine, espandendosi e contraendosi espelleranno la propria atmosfera nello spazio, allontanando violentemente il guscio esterno.
Gli atomi resi allo spazio sono quelli più facilmente sintetizzati nelle reazioni nucleari al suo interno: l’idrogeno che si fonde in elio, questo in carbonio, poi in ossigeno. Nelle stelle più grandi per successive aggiunte di altri nuclei di elio si formano il neon, il magnesio, il silicio, ogni volta aggiungendo due protoni e due elettroni, fino al ferro.
Sono questi gli elementi chimici più famigliari, sparsi nei gas interstellari da dove sono presi in una successiva fase di collassi di nubi e formazione di altre stelle e pianeti.
La Terra stessa è una ricca miscela di atomi, silicio, ossigeno, alluminio, magnesio e ferro, elemento questo di cui abbonda. Anche uranio e oro sono relativamente abbondanti, perché molte esplosioni di supernova si sono verificate prima della formazione del sistema solare.
Alcuni elementi rari, quali i nominati, l’afnio, il disprosio e il praseodimio, sono meno famigliari, non generati facilmente dalle reazioni nucleari.
L’origine e l’evoluzione della vita sono collegate in strettissima maniera con l’origine e l’evoluzione delle stelle: la stessa materia di cui siamo fatti, gli atomi che rendono possibile la vita, gli elementi della Terra, sono stati generati da una specie di alchimia stellare miliardi di anni fa.
La pulsar che buca i dischi stellari
La pulsar che attraversa i dischi stellari
Dalle osservazioni ai raggi X ottenute con il telescopio Chandra nei tempi fra dicembre 2011 e febbraio 2014, sembra che la pulsar all’interno del sistema noto come B1259, durante uno degli ultimi transiti abbia bucato il disco della stella compagna, proiettando una porzione di materiale all’esterno.
La velocità di allontanamento del grumo espulso è pari a una media di circa il 7% della velocità della luce, ed è ancora in via di accelerazione.
Il sistema binario B1259, denominato per esteso PSR B1259-63/LS 2883, è composto di una stella con una massa 30 volte quelle del Sole e una pulsar, stella di neutroni che ruota su se stessa 20 volte al secondo, con un corpo celeste enormemente denso, residuo di una stella ancora più massiccia esplosa come supernova.
Geometria spaziale
HD 44179, la nebulosa protoplanetaria bipolare Rettangolo Rosso, così chiamata per il colore e la forma, si trova a circa 2.300 anni luce di distanza verso la costellazione dell’Unicorno.
Vista dalla spazio, in realtà la sua forma non è rettangolare ma ha una struttura a X con aggiunta di linee complesse distanziate di gas incandescente. La stella nel suo centro, la MWC 922, una volta simile al nostro Sole, ormai sta espellendo i suoi strati esterni in due direzioni opposte, dando forma caratteristica alla nebulosa con la sua radiazione ultravioletta.
M 13 Hercules
M13 è il più bell’ammasso globulare della costellazione dell’Ercole, che raffigura l’eroe della mitologia greca celebre per avere superato le dodici fatiche.
Messier lo avvistò nel 1764 e lo descrisse come “una nebulosa che non contiene stelle”: non possedeva un telescopio abbastanza potente! Nello stesso equivoco incorse Bode dieci anni dopo. Herschel fu il primo ad accorgersi che M13 è un ammasso di stelle, infatti, ne stimò che ne contenesse circa 14.000. Nei successivi anni, con i telescopi sempre più potenti, s’individuarono numeri maggiori di stelle: negli anni venti si arrivò a contarne 30.000, oggi sappiamo che, in effetti, sono da 500 mila a un milione e che la luminosità complessiva di M13 equivale a 300 mila stelle come il Sole. Molte giganti rosse brillano come duemila Soli, sono stelle molto vecchie, di circa 10 miliardi di anni, tra le più antiche della nostra galassia.
Si trova a 25 mila a.l. distante dalla Terra, a 30 mila a.l. dal centro della galassia, e impiega 200 milioni di anni a compiere un’intera orbita.
Si potrebbe pensare che le oltre 500 mila stelle che contiene siano stipate fra loro a stretto contatto, in effetti non è così. Il volume occupato da M 13 è di un milione di a.l. cubici, quindi contiene in media una stella per a.l. cubico. Dunque anche questi ammassi globulari apparentemente tanto compatti sono in realtà fatti soprattutto di vuoto.
Un pianeta che orbitasse attorno a una stella posta al centro di M13 non conoscerebbe la notte, anche quando non fosse illuminato dal suo, “sole” tutte le altre tante stelle darebbero al cielo un chiarore continuo simile a quello che sulla Terra precede l’alba o segue oil tramonto.
L’abitante di un pianeta, posto non al centro dell’ammasso, ma alla sua estrema periferia, si delizierebbe di un panorama stupendo perché per metà dell’anno si vedrebbero brillare, luminosissime, le oltre 500 mila stelle, e per l’altra metà si scorgerebbe l’enorme girandola della nostra galassia, la cui struttura a spirale, vista di là, sarebbe un fatto evidente e intuitivo, mentre sappiamo quanti sforzi abbia richiesto la sua comprensione agli astronomi terrestri da Herschel a oggi.
Il Ragno e la Mosca
Due nebulose distanti circa 10.000 anni luce nella costellazione dell’Auriga, contenenti al loro interno giovani stelle ancora avvolte dalle nubi d’idrogeno che le ha formate.
NGC 1931, a sinistra dell’immagine, descritta come una piccola versione della nebulosa di Orione per il suo schema trapezoidale, è dieci volte più piccola di IC 417, il brillante oggetto alla sua destra, le cui varie corsie di idrogeno ionizzato protese verso l’esterno lo fa sembrare un ragno che insegue una mosca:
“The spider and the fly”
Monoceros R2
Tra le varie famiglie di stelle che popolano il cosmo, vi sono le cosiddette “associazioni stellari”. Si tratta d’insiemi di stelle molto sparse e giovani, situati nei bracci a spirale della Via Lattea, dove sono comprese centinaia di stelle. All’interno di un’associazione le stelle non sono strettamente legate dalla gravità, quindi sono soggette a espansione e disgregazione in tempi nell’ordine di pochi milioni di anni. Nella nostra galassia si calcola vi siano contenute associazioni le cui dimensioni raggiungono i 600 anni luce, con stelle molto calde le cui temperature sono comprese fra 25.000 e 45.000 gradi. Queste stelle hanno massa molto grande, fra 10 e 50 volte quella del Sole e di conseguenza, un’evoluzione molto rapida.
L’immagine presenta Mon R2, nella costellazione dell’Unicorno, un esempio di associazione legata a nebulose a riflessione. La luce delle stelle immerse nelle nubi è riflessa dai grani di polvere illuminando la nube stessa.
Il più piccolo buco nero
Un buco nero molto piccolo è stato scoperto in un primo tempo, dalla Sloan Digital Sky Survey, a circa 340 milioni di anni luce nel nucleo della galassia nana denominata con la sigla RGG118. Si tratta della scoperta del più piccolo (come massa) buco nero massiccio mai osservato nel centro di una galassia.
Gli astronomi che lavorano con il satellite per raggi X “Chandra” della Nasa e con il Clay Telescope da 6,5 metri in Cile lo hanno definito un buco nero “ossimoro”.
Un buco nero, dunque, caratterizzato da una “piccola grandezza”. Il buco nero in questione ha una massa di 50 mila stelle come il Sole, poco per essere un super-buco nero centrale di una galassia. Quest’oggetto è 200 mila volte meno massiccio dei normali super-buchi neri delle galassie e persino 100 volte meno massiccio del buco nero della nostra Via Lattea, considerato tra i più piccoli. Gli autori della ricerca, pubblicata su “The Astrophysical Journal Letters”, hanno calcolato la massa del buco nero- ossimoro misurando l’accelerazione del gas che vi precipita dentro e ritengono che questo lavoro sarà utile per capire meglio la formazione e l’evoluzione delle galassie primordiali.
Re: Stelle Galassie Nebulose Buchi neri
La nebulosa a riflessione luminosa NGC 1999, situata a circa 1.500 anni luce di distanza dalla Terra, nella costellazione di Orione, contiene una zona, o meglio, un vasto foro di spazio vuoto, esteso per 0,2 anni luce.
A differenza di altre nebulose a riflessione che riflettono la luce blu delle loro stelle, NGC 1999 è illuminata dalla giovane stella variabile V380 Orionis di colore bianco. Un niveo colore dovuto alla sua temperatura superficiale di circa 10.000 gradi Celsius.
La stella, visibile a sinistra nell’immagine, nel suo raggiunto grado di maturità sta sparando jet dai suoi poli a centinaia di chilometri il secondo, un gigantesco pugno che spazza via il materiale residuo che l’avvolge, creando un enorme buco vuoto nella nube circostante.
Ripresa il 21 gennaio 2000, dall’Hubble Space Telescope.
Una medusa intergalattica
Chandra e Hubble catturano il violento incontro della galassia ESO 137-001 mentre attraversa a tutta velocità l’ammasso galattico Abell 3627, una regione ad altissima temperatura , a 200 milioni di anni luce di distanza dalla nostra galassia.
La galassia, (in alto a sinistra) mostra le prove della violenza subita sottoforma di scie di gas viola, emanate nella lunghezza dei raggi X. Strappate via dal suo centro, formazioni di giovani stelle circondate da gas ad alta temperatura, si spostano liberamente nello spazio interstellare sotto forma di striature blu luminose. L’immagine rappresentata richiama la forma di una medusa.
L’ammasso del Regolo, campo dello scontro, che si trova vicino al piano della nostra Galassia, nonostante sia oscurato dalla polvere cosmica, non ha impedito a Hubble di superarne la barriera e di rivelare l’azione gravitazionale del gas riscaldato di Abell 3627 sul disco di gas e polveri della galassia barrata ESO 137-001
Gli oggetti di Herbig-Haro
Nella costellazione di Orione, a circa 1.500 anni luce distante dalla Terra, si trova Herbig-Haro 110 (HH 110), uno stretto getto di gas di circa 0,5 anni luce.
Una stella crescendo attira gravitazionalmente più materia a sé, in un disco rotante di gas e polveri. Il materiale spiraleggiante gradualmente poi, viene espulso in getti stretti ad alta velocità di diverse centinaia di km/s, producendo onde d’urto luminose.
Questi getti di gas e materia sono chiamati oggetti Herbig-Haro, dal nome degli astronomi George Herbig e Guillermo Haro, che ne studiarono i deflussi nel 1950.
Dopo alcune centinaia di migliaia di anni dalla nascita della stella, i getti si disperdono nel mezzo stellare sotto l’azione del vento, lontani dalla stella madre, nelle nubi di gas nello spazio interstellare.
L’immagine mostra come le chiazze di gas in rapido movimento che si scontrano con quelle più lente, imprimendo scosse all’interno del getto creano creste di colore blu intenso.
Da Hubble, in composto di dati ottici e infrarossi.
Una goccia di sangue in cielo
Nella costellazione di Orione, tra tutte le innumerevoli stelle di ogni tipo e classe al suo interno spicca un oggetto con caratteristiche peculiari: R Leporis, una stella eccezionalmente rossa, distante da noi circa 1000 anni luce.
La scoprì nel 1845, l’astronomo britannico J.R. Hind, che le diede il suo nome definendola “ Stella Cremisi di Hind” e la descrisse come “una goccia di sangue sullo sfondo nero del cielo”. Infatti, le sue caratteristiche sono quelle tipiche di una stella al carbonio, con una bassa temperatura superficiale, stimata tra i 2200 e i 2400 K.
La presenza di carbonio nello spettro significa che la stella si trova in una fase molto avanzata della sua vita, poiché il carbonio si forma dalla fusione dell’elio. Resta inconfutabile il valore dell’indice del colore, uno tra i più alti riscontrati tra le stelle appartenenti alle Red Star.
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