La poesia: rime nuove rime antiche
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Se tutto fosse vano
SE.....
Se non crediamo
nell’amicizia
Se l’amore
fosse solo
fredda parola
Se spegniamo
ogni luce
nell’Universo
Se simili
a foglie
nel vento
ci disperdiamo
Se ogni giorno
moriamo
in solitudine
Se ci alimentiamo
di speranze
frustate
o disillusioni
Se tutto
Se ogni respiro
Se le emozioni
creano il vuoto
dentro
e fuori di noi
Il mondo intero
diventerebbe
un immenso Obitorio..
Spento.. Buio
Annali

SE.....
Se non crediamo
nell’amicizia
Se l’amore
fosse solo
fredda parola
Se spegniamo
ogni luce
nell’Universo
Se simili
a foglie
nel vento
ci disperdiamo
Se ogni giorno
moriamo
in solitudine
Se ci alimentiamo
di speranze
frustate
o disillusioni
Se tutto
Se ogni respiro
Se le emozioni
creano il vuoto
dentro
e fuori di noi
Il mondo intero
diventerebbe
un immenso Obitorio..
Spento.. Buio
Annali

Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sí, al di là della gente
ti cerco.
Non nel tuo nome, se lo dicono,
non nella tua immagine, se la dipingono.
Al di là, piú in là, piú oltre.
Al di là di te ti cerco.
Non nel tuo specchio
e nella tua scrittura,
nella tua anima nemmeno.
Di là, piú oltre.
Al di là, ancora, piú oltre
di me ti cerco. Non sei
ciò che io sento di te.
Non sei
ciò che mi sta palpitando
con sangue mio nelle vene,
e non è me.
Al di là, piú oltre ti cerco.
E per trovarti, cessare
di vivere in te, e in me,
e negli altri.
Vivere ormai di là da tutto,
sull’altra sponda di tutto
—per trovarti —
come fosse morire.
Pedro Salinas
ti cerco.
Non nel tuo nome, se lo dicono,
non nella tua immagine, se la dipingono.
Al di là, piú in là, piú oltre.
Al di là di te ti cerco.
Non nel tuo specchio
e nella tua scrittura,
nella tua anima nemmeno.
Di là, piú oltre.
Al di là, ancora, piú oltre
di me ti cerco. Non sei
ciò che io sento di te.
Non sei
ciò che mi sta palpitando
con sangue mio nelle vene,
e non è me.
Al di là, piú oltre ti cerco.
E per trovarti, cessare
di vivere in te, e in me,
e negli altri.
Vivere ormai di là da tutto,
sull’altra sponda di tutto
—per trovarti —
come fosse morire.
Pedro Salinas
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
L’ore cortesi che squisite danno
le forme al tuo bel viso, onde ogni sguardo
è avvinto, quel potere empio s’avranno:
fare meschino quel ch’era gagliardo.
Il tempo senza posa estate infonde
al tristo inverno, ch’entro lei s’inuna:
gelide linfe stringono le fronde,
beltà innevata è persa in plaga bruna.
Non rimanesse estate distillata,
liquida essenza in carceri di vetro,
beltà dal proprio effetto rovinata
senza rimedio avrebbe il tempo tetro.
fior distillato, se l’inverno avanza
perde il sembiante, e non dolce sostanza.
W. Shakespeare
le forme al tuo bel viso, onde ogni sguardo
è avvinto, quel potere empio s’avranno:
fare meschino quel ch’era gagliardo.
Il tempo senza posa estate infonde
al tristo inverno, ch’entro lei s’inuna:
gelide linfe stringono le fronde,
beltà innevata è persa in plaga bruna.
Non rimanesse estate distillata,
liquida essenza in carceri di vetro,
beltà dal proprio effetto rovinata
senza rimedio avrebbe il tempo tetro.
fior distillato, se l’inverno avanza
perde il sembiante, e non dolce sostanza.
W. Shakespeare
controvento- Messaggi : 314
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Silentium
Taci, nasconditi ed occulta
i propri sogni e sentimenti;
che nel profondo dell'anima tua
sorgano e volgano a tramonto
silenti, come nella notte
gli astri: contemplali tu e taci.
Può palesarsi il cuore mai?
Un altro potrà mai capirti?
Intenderà di che tu vivi?
Pensiero espresso è già menzogna.
Torba diviene la sommossa
fonte: tu ad essa bevi e taci.
Sappi in te stesso vivere soltanto.
Dentro te celi tutto un mondo
d'arcani, magici pensieri,
quali il fragore esterno introna,
quali il diurno raggio sperde:
ascolta il loro canto...e taci!...
Fëdor Ivanovič Tjutčev (1830)
Taci, nasconditi ed occulta
i propri sogni e sentimenti;
che nel profondo dell'anima tua
sorgano e volgano a tramonto
silenti, come nella notte
gli astri: contemplali tu e taci.
Può palesarsi il cuore mai?
Un altro potrà mai capirti?
Intenderà di che tu vivi?
Pensiero espresso è già menzogna.
Torba diviene la sommossa
fonte: tu ad essa bevi e taci.
Sappi in te stesso vivere soltanto.
Dentro te celi tutto un mondo
d'arcani, magici pensieri,
quali il fragore esterno introna,
quali il diurno raggio sperde:
ascolta il loro canto...e taci!...
Fëdor Ivanovič Tjutčev (1830)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Natale
Non ho voglia di tuffarmi
in un gomitolo di strade
Ho tanta stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi cosi
come una cosa posata
in un angolo
e dimenticata
Qui non si sente altro
che il caldo buono
Sto con le quattro
capriole di fumo
del focolare
Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia di tuffarmi
in un gomitolo di strade
Ho tanta stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi cosi
come una cosa posata
in un angolo
e dimenticata
Qui non si sente altro
che il caldo buono
Sto con le quattro
capriole di fumo
del focolare
Giuseppe Ungaretti


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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Dall’ombra delle cupole nella città delle cupole,
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile,
è entrato nella tua stanza e si è fatto strada
fino al bracciolo della poltrona dove tu, alzando lo sguardo
dal libro l’hai scorto nell’attimo in cui si posava. Tutto
qui. Null’altro che un solenne destarsi
alla brevità, al sollevarsi e al cadere dell’attenzione, rapido,
un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null’altro
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta,
fattosi niente sotto i tuoi occhi, possa tornare,
che qualcuno negli anni a venire, seduta come adesso sei tu, possa dire:
«È ora. L’aria è pronta. C’è uno spiraglio nel cielo».

Mark Strand
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile,
è entrato nella tua stanza e si è fatto strada
fino al bracciolo della poltrona dove tu, alzando lo sguardo
dal libro l’hai scorto nell’attimo in cui si posava. Tutto
qui. Null’altro che un solenne destarsi
alla brevità, al sollevarsi e al cadere dell’attenzione, rapido,
un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null’altro
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta,
fattosi niente sotto i tuoi occhi, possa tornare,
che qualcuno negli anni a venire, seduta come adesso sei tu, possa dire:
«È ora. L’aria è pronta. C’è uno spiraglio nel cielo».

Mark Strand
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Per te io curo questi fiori,
fulgido assente!
Si fendono le vene di corallo
della mia fucsia – ed io semino e sogno –
I gerani si tingono di chiazze –
umili margherite si frastagliano –
dirada il cactus le spinose punte
per mostrare la gola –
Stilla aromi il garofano
presto colti dall’ape –
un giacinto nascosto
sporge il capo arruffato –
esalano profumi
da fiale così tenui
che ti domandi come li serbassero –
Fiocchi di raso spargono le rose
sferiche sulla ghiaia del giardino –
pure – tu non sei qui –
e vorrei che i miei fiori
non avessero più rossi colori–
Che sia felice il fiore
e il suo signore – assente –
mi dà solo dolore –
in un calice grigio mi rinchiudo –
umilmente – per esser d’ora in poi
la tua margherita –
in lutto di te!
Emily Dickinson

fulgido assente!
Si fendono le vene di corallo
della mia fucsia – ed io semino e sogno –
I gerani si tingono di chiazze –
umili margherite si frastagliano –
dirada il cactus le spinose punte
per mostrare la gola –
Stilla aromi il garofano
presto colti dall’ape –
un giacinto nascosto
sporge il capo arruffato –
esalano profumi
da fiale così tenui
che ti domandi come li serbassero –
Fiocchi di raso spargono le rose
sferiche sulla ghiaia del giardino –
pure – tu non sei qui –
e vorrei che i miei fiori
non avessero più rossi colori–
Che sia felice il fiore
e il suo signore – assente –
mi dà solo dolore –
in un calice grigio mi rinchiudo –
umilmente – per esser d’ora in poi
la tua margherita –
in lutto di te!
Emily Dickinson

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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Un giorno ch’io versavo amare lacrime; che, disciolte in dolore,
fluivano scomparendo tutte le mie speranze; e me ne stavo
solitario presso l’arido tumulo in cui, sepolta entro un angusto
spazio, era l’essenza della vita mia; solitario cosí come nessuno
fu solitario al mondo, premuto da un indicibile sgomento, ridotto
a non essere ormai se non il senso stesso della disperazione;
come giravo attorno supplichevole gli sguardi, e non
potevo muover passo né innanzi né indietro; e m’avvinghiavo
con anelito senza fine alla vita che mi fuggiva spenta; discese
dalle azzurre lontananze, giú dai vertici della mia beatitudine
trascorsa, un brivido crepuscolare.
Si strappò, di colpo, ogni legame fra la nascita e me. Fu
la catena della Luce, infranta. La malinconia confluí entro un
nuovo imperscrutabile mondo. E tu, Estasi notturna, e tu, Sonno
divino, sopravveniste.
Il paesaggio, intorno, si sollevò a poco a poco. Sul paesaggio
aliò, dissolvendosi, il mio spirito risorto. Il tumulo si
sfece in una nuvola di polvere. E oltre la nuvola io vidi, trasfigurato,
il vólto dell’Amata. Negli occhi, Le riposava l’Eterno.
Presi le mani Sue. Il pianto divenne, tra di noi, un rifulgente
vincolo infrangibile. Millenni furono spazzati in lontananza, come
uragani. Piansi al suo collo l’estasi di quella vita nuova. Fu
il primo, unico sogno. E da quell’attimo soltanto, s’infuse in
me una fede immutabile, eterna, nel Paradiso della notte.
E nella Luce sua: l’Amata.
Novalis
fluivano scomparendo tutte le mie speranze; e me ne stavo
solitario presso l’arido tumulo in cui, sepolta entro un angusto
spazio, era l’essenza della vita mia; solitario cosí come nessuno
fu solitario al mondo, premuto da un indicibile sgomento, ridotto
a non essere ormai se non il senso stesso della disperazione;
come giravo attorno supplichevole gli sguardi, e non
potevo muover passo né innanzi né indietro; e m’avvinghiavo
con anelito senza fine alla vita che mi fuggiva spenta; discese
dalle azzurre lontananze, giú dai vertici della mia beatitudine
trascorsa, un brivido crepuscolare.
Si strappò, di colpo, ogni legame fra la nascita e me. Fu
la catena della Luce, infranta. La malinconia confluí entro un
nuovo imperscrutabile mondo. E tu, Estasi notturna, e tu, Sonno
divino, sopravveniste.
Il paesaggio, intorno, si sollevò a poco a poco. Sul paesaggio
aliò, dissolvendosi, il mio spirito risorto. Il tumulo si
sfece in una nuvola di polvere. E oltre la nuvola io vidi, trasfigurato,
il vólto dell’Amata. Negli occhi, Le riposava l’Eterno.
Presi le mani Sue. Il pianto divenne, tra di noi, un rifulgente
vincolo infrangibile. Millenni furono spazzati in lontananza, come
uragani. Piansi al suo collo l’estasi di quella vita nuova. Fu
il primo, unico sogno. E da quell’attimo soltanto, s’infuse in
me una fede immutabile, eterna, nel Paradiso della notte.
E nella Luce sua: l’Amata.
Novalis
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
La gatta
Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)
trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra’ piedi; e sparve nella notte nera.
Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.
Giovanni Pascoli
Massa, 1885
(sez: Poesie famigliari
e d’altro genere, 1882-1885)
Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)
trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra’ piedi; e sparve nella notte nera.
Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.
Giovanni Pascoli
Massa, 1885
(sez: Poesie famigliari
e d’altro genere, 1882-1885)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Danza
Nella notte del giardino
sei gitane
vestite di bianco
ballano.
Nella notte del giardino
incoronate
con rose di carta
e visnaghe.
Nella notte del giardino
i denti perlacei
scrivono l'ombra
bruciata.
E nella notte del giardino
le loro ombre
si allungano
e raggiungono il cielo
violacee.
Federico Garcìa Lorca
Nella notte del giardino
sei gitane
vestite di bianco
ballano.
Nella notte del giardino
incoronate
con rose di carta
e visnaghe.
Nella notte del giardino
i denti perlacei
scrivono l'ombra
bruciata.
E nella notte del giardino
le loro ombre
si allungano
e raggiungono il cielo
violacee.
Federico Garcìa Lorca
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Prima del triste e difficile addio
non dire che non ci sarà altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.
In un altro paese, nell’esilio lontano
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica allusione,
un verso, un moto della penna.
E tu leggi come il pensiero mi ha ridato
e le tue parole di un tempo e l’ombra,
guarda di lontano come ho trasfigurati
questo giorno o quello appena trascorso.
Quale altro incontro vuoi per noi?
Con un unico verso ti restituisco
i tuoi passi, inchini, sguardi, parole –
di più da te non mi è dato.
Nina Nikolaevna Berberova
Berlino, 1923
non dire che non ci sarà altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.
In un altro paese, nell’esilio lontano
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica allusione,
un verso, un moto della penna.
E tu leggi come il pensiero mi ha ridato
e le tue parole di un tempo e l’ombra,
guarda di lontano come ho trasfigurati
questo giorno o quello appena trascorso.
Quale altro incontro vuoi per noi?
Con un unico verso ti restituisco
i tuoi passi, inchini, sguardi, parole –
di più da te non mi è dato.
Nina Nikolaevna Berberova
Berlino, 1923
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Con uno sguardo mi ha resa più bella,
e io questa bellezza l’ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
(Wisława Szymborska)

e io questa bellezza l’ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
(Wisława Szymborska)

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Località : in una stella
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Fantasia
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
John Keats
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
John Keats
controvento- Messaggi : 314
Data d'iscrizione : 30.09.17
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio
e non c’è piú posto per le parole
e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.
Da lontano
Pierluigi Cappello
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio
e non c’è piú posto per le parole
e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.
Da lontano
Pierluigi Cappello
spitfire- Messaggi : 1666
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
L’alba vana mi coglie sull’angolo deserto di una strada; sono sopravvissuto alla notte.
Le notti sono onde altere: onde di tenebra blu, dalle cime incombenti, cariche d’ogni sfumatura del bottino abissale, di cose incredibili e desiderabili.
Le notti offrono sempre misteriosi regali e rifiuti, cose metà cedute, metà trattenute, gioie con un emisfero cupo. È così che si comportano le notti, te lo giuro.
I flutti, quella volta, mi hanno lasciato i soliti relitti, i consueti detriti: qualche amico aborrito per parlare, musica per i sogni, e il fumo di ceneri amare. Cose del tutto inutili per un cuore affamato.
La grande ondata ha portato te.
Parole, parole qualsiasi, la tua risata; e tu così pigramente, così incessantemente bella. Abbiamo parlato e tu hai dimenticato le parole.
L’alba disastrosa mi coglie in una strada deserta della mia città.
Il tuo profilo che si volta e si allontana, i suoni che compongono il tuo nome, la cadenza della tua risata: ecco gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato.
Li osservo nella luce nascente, li perdo, li ritrovo; li descrivo ai pochi cani randagi, alle poche stelle randagie dell’alba.
La tua vita ricca e oscura…
Devo raggiungerti in qualche maniera: metto via gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato, voglio il tuo sguardo nascosto, il tuo vero sorriso, quel sorriso beffardo e solitario che il tuo impassibile specchio conosce.
II
Con cosa posso trattenerti?
Ti offro povere strade, tramonti disperati, la luna dei laceri sobborghi.
Ti offro l’amarezza di un uomo che ha guardato a lungo, molto a lungo, la luna solitaria.
Ti offro i miei antenati, i miei morti, i fantasmi che i vivi hanno onorato oggi col bronzo: il padre di mio padre ucciso ai confini di Buenos Aires con due pallottole dentro i polmoni, morto barbuto che i suoi soldati avvolsero in una pelle di vacca; il nonno di mia madre, ventiquattrenne appena quando guidò la carica dei suoi trecento uomini in Perù, ormai spettri su cavalli svaniti.
Ti offro ogni intuizione racchiusa nei miei libri e quanta virilità o buon umore ha la mia vita.
Ti offro la lealtà di un uomo che non fu mai leale.
Ti offro la mia essenza, salvata non so come, quel centro del cuore che non tratta parole, non traffica coi sogni e non è mai toccato dal tempo, dalla gioia o dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una rosa gialla vista anni fa al tramonto, prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa, teorie su di te, notizie vere e sorprendenti al tuo riguardo.
Ti posso dare la mia solitudine, le mie tenebre, la fame del mio cuore; cerco di allettarti con l’incertezza, il pericolo, la sconfitta.
Jorge Louis Borges
Le notti sono onde altere: onde di tenebra blu, dalle cime incombenti, cariche d’ogni sfumatura del bottino abissale, di cose incredibili e desiderabili.
Le notti offrono sempre misteriosi regali e rifiuti, cose metà cedute, metà trattenute, gioie con un emisfero cupo. È così che si comportano le notti, te lo giuro.
I flutti, quella volta, mi hanno lasciato i soliti relitti, i consueti detriti: qualche amico aborrito per parlare, musica per i sogni, e il fumo di ceneri amare. Cose del tutto inutili per un cuore affamato.
La grande ondata ha portato te.
Parole, parole qualsiasi, la tua risata; e tu così pigramente, così incessantemente bella. Abbiamo parlato e tu hai dimenticato le parole.
L’alba disastrosa mi coglie in una strada deserta della mia città.
Il tuo profilo che si volta e si allontana, i suoni che compongono il tuo nome, la cadenza della tua risata: ecco gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato.
Li osservo nella luce nascente, li perdo, li ritrovo; li descrivo ai pochi cani randagi, alle poche stelle randagie dell’alba.
La tua vita ricca e oscura…
Devo raggiungerti in qualche maniera: metto via gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato, voglio il tuo sguardo nascosto, il tuo vero sorriso, quel sorriso beffardo e solitario che il tuo impassibile specchio conosce.
II
Con cosa posso trattenerti?
Ti offro povere strade, tramonti disperati, la luna dei laceri sobborghi.
Ti offro l’amarezza di un uomo che ha guardato a lungo, molto a lungo, la luna solitaria.
Ti offro i miei antenati, i miei morti, i fantasmi che i vivi hanno onorato oggi col bronzo: il padre di mio padre ucciso ai confini di Buenos Aires con due pallottole dentro i polmoni, morto barbuto che i suoi soldati avvolsero in una pelle di vacca; il nonno di mia madre, ventiquattrenne appena quando guidò la carica dei suoi trecento uomini in Perù, ormai spettri su cavalli svaniti.
Ti offro ogni intuizione racchiusa nei miei libri e quanta virilità o buon umore ha la mia vita.
Ti offro la lealtà di un uomo che non fu mai leale.
Ti offro la mia essenza, salvata non so come, quel centro del cuore che non tratta parole, non traffica coi sogni e non è mai toccato dal tempo, dalla gioia o dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una rosa gialla vista anni fa al tramonto, prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa, teorie su di te, notizie vere e sorprendenti al tuo riguardo.
Ti posso dare la mia solitudine, le mie tenebre, la fame del mio cuore; cerco di allettarti con l’incertezza, il pericolo, la sconfitta.
Jorge Louis Borges
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Ieri ®
Quando sorridendo
sull'ultimo respiro
dicesti ciao...
Giorni mesi anni contai
ma ripensandoti
è ieri che t'incontrai.
Eroil
Quando sorridendo
sull'ultimo respiro
dicesti ciao...
Giorni mesi anni contai
ma ripensandoti
è ieri che t'incontrai.
Eroil
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Donna e gatta
Lei giocava con la sua gatta,
e quale meraviglia era vedere
la mano bianca e la bianca zampa
trastullarsi nell’ombra della sera.
Lei nascondeva – scellerata! –
sotto i guanti di filo nero
le unghie d’agata assassine,
taglienti e chiare come un rasoio.
Anche l’altra faceva la sdolcinata
e ritraeva gli artigli acuminati,
ma il diavolo non ci perdeva nulla...
E nel boudoir dove sonoro
tintinnava il suo aereo riso
brillavano quattro punti fosforescenti.
Paul Verlaine
(da Poesie saturnine, 1866)
Lei giocava con la sua gatta,
e quale meraviglia era vedere
la mano bianca e la bianca zampa
trastullarsi nell’ombra della sera.
Lei nascondeva – scellerata! –
sotto i guanti di filo nero
le unghie d’agata assassine,
taglienti e chiare come un rasoio.
Anche l’altra faceva la sdolcinata
e ritraeva gli artigli acuminati,
ma il diavolo non ci perdeva nulla...
E nel boudoir dove sonoro
tintinnava il suo aereo riso
brillavano quattro punti fosforescenti.
Paul Verlaine
(da Poesie saturnine, 1866)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Alla finestra sognando...
Plenilunio d'agosto
Quattro passi saltellando
m'allontano cercando
da recuperare, un sasso
All'orizzonte la linea di luce
s'avvicina devo tornare
è ora, di rimettere...
i piedi a terra.
Eroil
Plenilunio d'agosto

Quattro passi saltellando
m'allontano cercando
da recuperare, un sasso
All'orizzonte la linea di luce
s'avvicina devo tornare
è ora, di rimettere...
i piedi a terra.
Eroil
Ultima modifica di eroil il Ven Ott 13, 2017 11:04 pm, modificato 1 volta
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sedevano sorseggiando il tè
Sedevano sorseggiando il tè
e parlavano molto d'amore.
I Signori facevan gli estetici,
le Dame eran dolci e sensibili.
«L'amor dev'esser platonico»,
sentenziò il magro consigliere.
Ride ironica la consigliera,
e intanto sospira: «Ahimè!»
Spalanca la bocca il canonico:
«L'amor - dice - non sia brutale
perché ciò la salute danneggia.»
Sussurra la ragazza: «Ma come?».
Aggiunge, assai mesta, la contessa:
«L'arnor è certo una passione!»
e porge intanto, molto cortese,
una tazza al signor barone.
C'era a tavola ancora un posto,
e tu, mia cara, l'hai mancato.
Chissà con che grazia, tesoro,
del tuo amore avresti parlato.
Poesia di Heinrich Heine
Sedevano sorseggiando il tè
e parlavano molto d'amore.
I Signori facevan gli estetici,
le Dame eran dolci e sensibili.
«L'amor dev'esser platonico»,
sentenziò il magro consigliere.
Ride ironica la consigliera,
e intanto sospira: «Ahimè!»
Spalanca la bocca il canonico:
«L'amor - dice - non sia brutale
perché ciò la salute danneggia.»
Sussurra la ragazza: «Ma come?».
Aggiunge, assai mesta, la contessa:
«L'arnor è certo una passione!»
e porge intanto, molto cortese,
una tazza al signor barone.
C'era a tavola ancora un posto,
e tu, mia cara, l'hai mancato.
Chissà con che grazia, tesoro,
del tuo amore avresti parlato.
Poesia di Heinrich Heine
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche

Lorelei
Non so perché in fondo al cuore
così triste mi sento:
una fiaba d'antichi tempi
non vuole uscirmi di mente.
L'aria è fresca e s'imbruna;
placido il Reno scorre;
la cima del monte s'illumina
nel raggio del sole che muore.
Quasi un prodigio, una fanciulla
bellissima lassu siede:
lampeggiano aurei gioielli;
si pettina le chiome d'oro.
Con aureo pettine le avvolge,
modulando una sua canzone:
ricca di un fascino arcano,
violento, la melodia risuona.
Nell'esile nave il marinaio
selvaggia angoscia afferra:
più non vede gli aguzzi scogli,
proteso è il suo guardo nell'alto.
Ben so che l'onde alla fine
vascello e nocchiero ingoiano:
cosi del canto della Lorelei
il fascino arcano s'adempie.
Poesia di Heinrich Heine
Christian Johann Heinrich Heine (Düsseldorf 13 dicembre 1797 – Parigi 17 febbraio 1856) poeta
tedesco, il principale del periodo di transizione tra il romanticismo e il realismo.
(Lorelei nella mitologia popolare germanica è una specie di sirena del fiume che attira con il suo
canto i marinai e li fa morire)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Estate
Oh calore estivo che spazza il paese!
Non un alito di vento,
non una nuvola.
E tra i monti
la renna pascola,
nell'orizzonte azzurro.
Oh estasi!
Oh gioia!
Mi siedo sulla terra singhiozzando.
Anonimo Eschimese
E si,
c'è sempre un altro punto di vista 
Oh calore estivo che spazza il paese!
Non un alito di vento,
non una nuvola.
E tra i monti
la renna pascola,
nell'orizzonte azzurro.
Oh estasi!
Oh gioia!
Mi siedo sulla terra singhiozzando.
Anonimo Eschimese
E si,


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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Er Sorcio.
Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
"Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! Una cuccagna!"
L'istessa sera, er sorcio de campagna,
ner traversà la sala
intravidde 'na trappola anniscosta;
"collega - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?"
"Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!"
Trilussa
Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
"Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! Una cuccagna!"
L'istessa sera, er sorcio de campagna,
ner traversà la sala
intravidde 'na trappola anniscosta;
"collega - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?"
"Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!"
Trilussa
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Li nummeri
Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero –
- ma tu che vali? Gnente: propio gnente
sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso vôto e inconcrudente.
Io, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
Trilussa
Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero –
- ma tu che vali? Gnente: propio gnente
sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso vôto e inconcrudente.
Io, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
Trilussa
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sera d'aprile
Batte la luna soavemente
di là dei vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch'essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.
Antonia Pozzi
Batte la luna soavemente
di là dei vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch'essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.
Antonia Pozzi
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