La poesia: rime nuove rime antiche
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Fase Du-e
Movida senso
della vida pensando
se virus vuole
Vedremo se poi
ammucchiarsi sarà il
male minore
Perché rinunciar
all'uovo oggi se poi
gallina non c'è
Eroil (28/05/2020)
Movida senso
della vida pensando
se virus vuole
Vedremo se poi
ammucchiarsi sarà il
male minore
Perché rinunciar
all'uovo oggi se poi
gallina non c'è
Eroil (28/05/2020)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
dimentica
e perdona.
E brucia le lettere,
come un ponte.
E che sia il tuo viaggio
coraggioso,
che sia dritto
e semplice.
E che ci sia nell’oscurità
a brillare per te
un filo di stelle argentato,
che ci sia la speranza
di scaldare le mani
vicino al tuo fuoco.
Che ci siano tormente,
nevi, piogge
e lo scoppiettio furioso della fiamma,
e che tu abbia in futuro
più fortuna di me.
E che possa esserci una possente e splendida
battaglia
che risuona nel tuo petto.
Sono felice
per quelli che forse
sono
in viaggio con te.
Josif Alexandrovic Brodskij
1957
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Tra due-trecento anni la vita sarà migliore.
Ma intanto noi siamo ormai alla frontiera,
senza gli angeli di Elohim precipita la scala nel Novecento,
e il Duemila già sventola la sua bandiera
per coloro che sono sicuri di entrarvi.
Io resterò da questa parte, in questo buio,
in questo viluppo di meschinità e di bisogno,
senza conoscere il terso luccichío del futuro.
A me sarà bastato visitarlo nel sogno,
come uno sciamàno che scenda con piatti e sonagli
nel reame dei morti a conversare coi lèmuri.
Resterò sulla soglia come un réprobo, come uno spergiuro.
Perché scusatemi, posteri, che freddo,
che vitreo deserto, che uniformità, che sbaragli
soffiano da quel futuro.
Angelo Maria Ripellino
da “Notizie dal diluvio”, Einaudi, Torino, 1969
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Forse dormiamo e stiamo sognando, mi disse lei,
e io le ho creduto, perché diventava
più pesante o più leggera a volontà
simile agli uccelli in volo.
Correvamo verso l’alto sulle scale di cemento
e lei sollevava dal mio abbraccio
due occhi splendenti, argentei,
verso un cielo inventato proprio allora.
Il suo sguardo fondeva i muri,
feriva le mie guance da cui
erompeva il sangue verso il passato
senza dolore, a fiotti.
Forse dormiamo e stiamo sognando, mi disse lei.
Correvamo verso l’alto. La scala di cemento
era terminata da un pezzo. Ed anche l’edificio.
Avevamo superato anche il futuro. Le parole
erano rimaste indietro. E forse nemmeno noi
esistevamo più.
Nichita Stănescu
(Traduzione di Fulvio del Fabbro e Alessia Tondini)
da “Il diritto al tempo”, 1965, in “La guerra delle parole”, Le Lettere, Firenze, 1999
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Foto: Anna Maghradze
Tutti abbiamo un mondo dentro
e tutti sopportiamo la solitudine
dire che dentro di me
ci sono solo molle e legno
è come dire che dentro di voi
ci sono solo cuore fegato o polmoni.
Assisto non impassibile
a vite complesse o frantumate
assorbo discorsi irascibili
o promettenti ma
in questa casa insonne
io sono l’astronave.
Tra le mie strutture a piume
reggo una bambina la nascondo
la porto in alto mare
e in cielo profondo,
è un’esperta di derive
di cunicoli scavati nella sostanza
della notte, la conservo tra i cuscini
come un’improvvisa sobrietà.
In questo viaggio di allontanamento
lo so lei sogna
qualcuno che oltrepassi la distanza
senza nulla da offrire
una faccia che tramonti
e si lasci guardare,
una protezione terrestre.
Di forte la bambina
ha solo le spalle
e pensieri che danno alla notte
sonagli di sapienza.
In questa marcia di avvicinamento
stupisco di una confidente intimità
senza pentimenti e saggio
la mia flessibilità
non sotto il peso di una bambina
ma di un dolore
pari a quello di un adulto
ma senza mondo.
Io sono un sofà
che conduce a una visione
aperta
su voi bestemmiatori degli oggetti
ospitando
una ferita di notte polare
in completa nudità.
Chandra Livia Candiani
da “Fatti vivo”, 2006-2016, Einaudi, Torino, 2017
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
la nave
Guardando il mar
dall'alto di scogliera
cambia il color
Fondale scuro
dove più profondo è
veleggia nave
Sicura senza
paura d'incagliare
prua nel fondo
Avanza lenta
verso il porto dove
sicur l'approdo
Eroil (20/05/2020)
(4 Haiku una poesia)
Guardando il mar
dall'alto di scogliera
cambia il color
Fondale scuro
dove più profondo è
veleggia nave
Sicura senza
paura d'incagliare
prua nel fondo
Avanza lenta
verso il porto dove
sicur l'approdo
Eroil (20/05/2020)
(4 Haiku una poesia)
Ultima modifica di eroil il Gio Mag 21, 2020 6:29 pm - modificato 2 volte. (Motivazione : rivista e logicamente ripensata)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Se fosse vero che due anime
camminano congiunte, senza
che i corpi si conoscano; se fosse vero
che si son toccate da sempre,
che bevvero la stessa luce,
che lo stesso destino le culla;
se fosse vero che son foglie
dello stesso arbusto, eterno e verde;
se fosse vero che il loro trionfo
si compie il dì che avranno
gli occhi dell’anima gemella
fissi nella loro carne flagrante;
se tutto ciò fosse vero,
come mai quel giorno di settembre
non ti cercai, chiamai, portai;
come mai ignoravo che esistessi,
come mai non trattenni la stella
che t’arrossava la fronte;
come mai potevo io cantare
sotto la fiamma del ponente;
come mai poteva non esistere
il tuo passato di ora, dolendomi.
Come ha potuto essere. E come
non lo impedii, con unghie, denti,
cuore…
Se fosse vero
che due anime, senza che i corpi
si conoscano, vibrano, vanno congiunte
verso lo stesso nido caldo,
come quel giorno di luce profonda,
come quel giorno nella strada
dritta contro il ponente;
dorata e grave di settembre;
come quel giorno non sentii
che mi trafiggeva la morte.
José Hierro
(Traduzione di Oreste Macrí)
camminano congiunte, senza
che i corpi si conoscano; se fosse vero
che si son toccate da sempre,
che bevvero la stessa luce,
che lo stesso destino le culla;
se fosse vero che son foglie
dello stesso arbusto, eterno e verde;
se fosse vero che il loro trionfo
si compie il dì che avranno
gli occhi dell’anima gemella
fissi nella loro carne flagrante;
se tutto ciò fosse vero,
come mai quel giorno di settembre
non ti cercai, chiamai, portai;
come mai ignoravo che esistessi,
come mai non trattenni la stella
che t’arrossava la fronte;
come mai potevo io cantare
sotto la fiamma del ponente;
come mai poteva non esistere
il tuo passato di ora, dolendomi.
Come ha potuto essere. E come
non lo impedii, con unghie, denti,
cuore…
Se fosse vero
che due anime, senza che i corpi
si conoscano, vibrano, vanno congiunte
verso lo stesso nido caldo,
come quel giorno di luce profonda,
come quel giorno nella strada
dritta contro il ponente;
dorata e grave di settembre;
come quel giorno non sentii
che mi trafiggeva la morte.
José Hierro
(Traduzione di Oreste Macrí)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Ombre e pensieri
Passan giorni uguali lenti,
al tramonto l'oblìo
all'alba cambian nome
Sprecar pensieri e ricordar
l'ieri per nominar l'oggi
sia mai detto domani
Volan nere ali portan ricordi
quel dì era di maggio quell'anno
non festeggiammo
E nemmen i sucessivi, son undici
contando questo, dici, ce ne saran altri
tu non puoi dire, non più...
Altre ali s'accavallan sulla soglia
dell'alba, ma ormai il pensier affonda
nel gorgo dell'oblio in lente spirali
Eroil (07/05/2020)
Passan giorni uguali lenti,
al tramonto l'oblìo
all'alba cambian nome
Sprecar pensieri e ricordar
l'ieri per nominar l'oggi
sia mai detto domani
Volan nere ali portan ricordi
quel dì era di maggio quell'anno
non festeggiammo
E nemmen i sucessivi, son undici
contando questo, dici, ce ne saran altri
tu non puoi dire, non più...
Altre ali s'accavallan sulla soglia
dell'alba, ma ormai il pensier affonda
nel gorgo dell'oblio in lente spirali
Eroil (07/05/2020)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Nella vita ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia
ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore
ci sono giorni pieni di lacrime
ma poi ci sono giorni pieni d'amore che ci danno il coraggio
di andare avanti per tutti gli altri giorni.
Romano battaglia (1933 - 2012)
(Da Notte infinita)
Autore di diverse opere letterarie, romanzi, libri per ragazzi e raccolte di poesie
ha ricevuto diversi premi quali il premio Bancarella, il premio WWF Posidone
il Premio Cultura Histonium di Vasto (Ch) il premio Cypraea e il premio Levanto.
ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore
ci sono giorni pieni di lacrime
ma poi ci sono giorni pieni d'amore che ci danno il coraggio
di andare avanti per tutti gli altri giorni.
Romano battaglia (1933 - 2012)
(Da Notte infinita)
Autore di diverse opere letterarie, romanzi, libri per ragazzi e raccolte di poesie
ha ricevuto diversi premi quali il premio Bancarella, il premio WWF Posidone
il Premio Cultura Histonium di Vasto (Ch) il premio Cypraea e il premio Levanto.
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Io ti ho strappata dall’aria,
divinità melodiosa, esile,
per passare l’anello del mio braccio
intorno al tuo fianco nervoso, come un dito.
Oh, dilagare di profumi soavi;
correre di lepri; i ronzii del giorno;
lento sciogliersi dei mondi di ghiaccio!
Ricadere delle chiome, gemello
della solitudine nera della terra…
Non ti insegnerò mai
nessuna parola della lingua dei pomeriggi.
Non ti svelerò mai
nessuna verità delle immobilità.
Resta dunque con me, resta,
scorrendo continuamente sui sassi azzurri
degli occhi,
sotto i salici delle costole
ramati dall’autunno,
e addormentati, addormentati
sotto il coro sibilante del mio corpo,
sognando di essere sveglia.
Nichita Stănescu
(Traduzione di Fulvio Del Fabbro e Alessia Tondini)
da “Una visione dei sentimenti”, 1964, in “Nichita Stănescu, La guerra delle parole”, Le Lettere, Firenze, 1999
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Mi preparo da tanto per dirti
il misterioso sistema stellare del mio amore;
in una sola immagine forse o solo l’essenziale.
Ma sei brulicante e trabocchi in me come il mio essere,
e a volte così sicura, così eterna,
come nella pietra la chiocciola pietrificata.
Sopra la mia testa scorre la notte striata dalla luna
e frusciando caccia i piccoli sogni fugaci.
E non so ancora dirti
cosa significa per me, quando lavoro,
sentire il tuo sguardo protettivo sulla mia mano.
Non c’è paragone che valga. Mi viene in mente, ma lo butto via.
L’indomani comincio tutto da capo,
perché io valgo quanto la parola
nei miei versi, e questo mi agita
finché non restano di me che le ossa e qualche ciuffo di capelli.
Sei stanca, e anch’io sento che il giorno è stato lungo,
cos’altro posso dire? gli oggetti sul tavolo
ti guardano incantati, ti ammira mezza zolletta
di zucchero, e una goccia di miele cade e brilla
sulla tovaglia come una pallina d’oro,
il bicchiere dell’acqua vuoto suona da solo.
È felice perché vive con te. E forse avrò ancora tempo
per dirti com’è l’attesa di te.
Il buio cadente del sonno ogni tanto ti sfiora,
vola via, poi torna sulla tua fronte,
gli occhi assonnati mi mandano ancora un cenno di saluto,
i tuoi capelli si sciolgono, si spandono in fiamme
e ti addormenti. L’ombra delle lunghe ciglia batte.
La tua mano cade sul mio cuscino, ramo di betulla che addormenta,
ma anch’io dormo in te, non sei un altro mondo.
E sento fin qui mutare le tante
linee sottili e misteriose
nel tuo fresco palmo.
Miklós Radnóti
1943
(Traduzione di Edith Bruck)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sognando un sogno
Dalla rupe sotto me
s'estende verde valle
sognata, bramata sempre
Ne ammiro la vastità
prati alberi siepi in fior
fin dove veder consente bruma
Con sguado acuto
in roccia sentier cerco
ecco, piccol viottolo
Nel muovermi rumor
di ferro sulla roccia
dalla pietra catene
Per liberar membra
lacrime dolenti
sforzi invani
Alla vista svanì
offuscata illusione
la mia valle.
Eroil (25/04/2020)
Dalla rupe sotto me
s'estende verde valle
sognata, bramata sempre
Ne ammiro la vastità
prati alberi siepi in fior
fin dove veder consente bruma
Con sguado acuto
in roccia sentier cerco
ecco, piccol viottolo
Nel muovermi rumor
di ferro sulla roccia
dalla pietra catene
Per liberar membra
lacrime dolenti
sforzi invani
Alla vista svanì
offuscata illusione
la mia valle.
Eroil (25/04/2020)
Ultima modifica di eroil il Dom Apr 26, 2020 3:23 pm - modificato 1 volta.
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Mentre andavo
Andavo per i campi
così, per conto mio,
e non cercare niente
era quello che volevo.
E lì c'era un fiore
che nella vita mai
ne vidi uno più bello.
Volevo coglierlo,
ma il fiore mi disse:
possiedo radici,
e sono ben nascoste.
Giù nel profondo
sono interrato;
per questo i miei fiori
son belli tondi.
Non so amoreggiare,
non so adulare;
non cogliermi devi,
ma trapiantare.
Wolfang von Goethe (1749 – 1832)
George Eliot disse di lui:
«...uno dei più grandi letterati tedeschi
e l'ultimo uomo universale a camminare sulla terra»
Convallaria majalis (mughetto)
Andavo per i campi
così, per conto mio,
e non cercare niente
era quello che volevo.
E lì c'era un fiore
che nella vita mai
ne vidi uno più bello.
Volevo coglierlo,
ma il fiore mi disse:
possiedo radici,
e sono ben nascoste.
Giù nel profondo
sono interrato;
per questo i miei fiori
son belli tondi.
Non so amoreggiare,
non so adulare;
non cogliermi devi,
ma trapiantare.
Wolfang von Goethe (1749 – 1832)
George Eliot disse di lui:
«...uno dei più grandi letterati tedeschi
e l'ultimo uomo universale a camminare sulla terra»
Convallaria majalis (mughetto)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Edward Atkinson Hornel - The Music Of The Woods 1906
Dimmi se per te è troppo lontano.
Saresti potuta correre sopra le corte onde del Baltico,
E oltre la pianura di Danimarca, oltre il bosco di faggi,
Girare verso l’oceano, e là ecco già
Il Labrador, bianco in questa stagione dell’anno.
E se a te, che sognavi un’isola solitaria,
Fanno paura le città e lo scintillìo delle luci sulle strade,
Avevi un sentiero proprio in mezzo al deserto dei boschi,
Sul lividore delle acque sgelate con le impronte dell’alce e del caribù,
Fino alle Sierre, alle miniere d’oro abbandonate.
Il fiume Sacramento ti avrebbe guidata
Fra colline coperte di querce spinose.
Ancora un boschetto di eucalipti e saresti giunta da me.
È vero, quando la manzanita è in fiore
E la baia è azzurra nei mattini di primavera
penso controvoglia alla casa fra i laghi
E alle rezzuole trascinate sotto il cielo lituano.
La cabina dove riponevi la gonna prima del bagno
Si è mutata per sempre in un astratto cristallo.
C’è là un’oscurità di miele vicino alla veranda
E piccole civette buffe e l’odore delle corregge.
Come si potesse vivere allora, neppur io lo so.
Stili e abiti vibrano indistinti,
Non autonomi, tesi al finale.
Che importa il nostro anelare alle cose in se stesse?
La consapevolezza del tempo che passa ha bruciacchiato i cavalli davanti alla fucina
E le colonnine sulla piazza del mercato della cittadina
E le scale e la parrucca di mamma Fliegeltaub.
Abbiamo imparato davvero molto, lo sai.
Come viene tolto, via via,
Ciò che tolto non poteva essere, le persone, le contrade.
E il cuore non muore quando sembra che dovrebbe.
Sorridiamo, sulla tavola ci sono tè e pane.
Solo il rimorso di non aver amato
Le poveri ceneri a Sachsenhausen
Di un amore assoluto oltre misura d’uomo.
Ti sei abituata a nuovi, umidi inverni,
Alla casa dove il sangue del proprietario tedesco
Fu lavato dai muri ed egli non tornò mai.
Anch’io ho preso solo ciò che è possibile, e città e paesi.
Non si può entrare due volte nello stesso lago
Su un fondo imbottito di foglie di ontano
Spezzando una stretta striscia di sole.
Le colpe tue e mie? Piccole colpe.
I segreti tuoi e miei? Segreti da poco.
Quando legano la mascella con un fazzoletto e fra le dita infilano una croce
E da qualche parte abbaia un cane e brilla una stella.
No, non perché sia lontano
Non sei venuta a trovarmi quel giorno o quella notte.
Di anno in anno cresce in noi fino a dilagare,
Come te l’ho compreso: l’indifferenza.
Czesław Miłosz
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Non toccarmi, non sono questa cenere
né la salvezza
della carne viva
non la rosa
ma il canto
di una cosa.
Non toccarmi, non sento più dolore
dell’oggetto composto in tutti i sensi
da superfici: strati
di bianco
fino nel buio della profondità, steli d’aria
dal cuore che è
statue in elevazione
uno stato di cose senza sguardo.
Non toccarmi, non ho più intelligenza
dell’albero che ciecamente frutta.
Ho sentito qualcosa che sovrastava.
Ho sentito che siamo incorruttibili.
Ecco allora i bambini
monumenti alla gioia
del corpo quando è forte
più del dolore, monumenti su coppe di silenzio
e un rumore di botole su lastre bianche.
Non toccarmi, sono la pietra bianca
e l’animale sotto la sua luce senza oggetto
e la parte profonda del cielo come una tunica di rovi
e il ruotare dei rovi.
Sotto il sasso c’è un rivolo di sangue, un insetto
senza speranza
e senza dolore
ma il suo canto si spegnerà per ultimo.
Non toccarmi, ho sognato che in cielo
ruotavano i pianeti e io tra quelli
portavo il cuore
esposto, perché la terra è piccola per il dolore
ma qualcosa perdeva sangue, ancora.
Maria Grazia Calandrone
né la salvezza
della carne viva
non la rosa
ma il canto
di una cosa.
Non toccarmi, non sento più dolore
dell’oggetto composto in tutti i sensi
da superfici: strati
di bianco
fino nel buio della profondità, steli d’aria
dal cuore che è
statue in elevazione
uno stato di cose senza sguardo.
Non toccarmi, non ho più intelligenza
dell’albero che ciecamente frutta.
Ho sentito qualcosa che sovrastava.
Ho sentito che siamo incorruttibili.
Ecco allora i bambini
monumenti alla gioia
del corpo quando è forte
più del dolore, monumenti su coppe di silenzio
e un rumore di botole su lastre bianche.
Non toccarmi, sono la pietra bianca
e l’animale sotto la sua luce senza oggetto
e la parte profonda del cielo come una tunica di rovi
e il ruotare dei rovi.
Sotto il sasso c’è un rivolo di sangue, un insetto
senza speranza
e senza dolore
ma il suo canto si spegnerà per ultimo.
Non toccarmi, ho sognato che in cielo
ruotavano i pianeti e io tra quelli
portavo il cuore
esposto, perché la terra è piccola per il dolore
ma qualcosa perdeva sangue, ancora.
Maria Grazia Calandrone
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
E un debito
sempre pagato sarà
d'ambo le parti
Eroil (15/04/2020)
sempre pagato sarà
d'ambo le parti
Eroil (15/04/2020)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Gaetano Previati
..
Reminiscenze
Vengono, eccoli, sempre da soli
verso di me tutti i frantumi,
briciole slabbrate ed intere
di cose che stenti a capire.
Sono come li ho dimenticati
da quando si sono addormentati:
un vecchio cimitero di bambole.
Ora cominciano a muoversi,
a prendere corpo dall’ombra
e da un brusio come d’alveare,
e si ricompongono a poco a poco.
Zoccoli con aureola d’angelo,
frammenti di icone che serbano, a rimorso,
di benedizione una traccia e maledizione,
una lacrima fissata in pittura,
una mano ferita, uno sguardo,
a campane, pare, lontane,
e qualche pagina di libro.
Un coccio risuscita un’anfora rotta.
Stormisce anche l’edera morta
e a una a una, destandosi, le voci spente
mormorano pare e pare che ridano.
Mi vedo ora convitato alla Cena,
ora centurione nella persecuzione.
Provo di nuovo la camicia d’allora,
stretta, con una ferita d’allora,
e dimenticata
nel cuore del tempo, silenziosa.
E se porto la mano allo squarcio
di non so quale lotta,
mi scivola molle sul sangue.
Là si raccoglie
tutto ciò che da sé si aduna,
frammenti di Scrittura e schegge di luna.
Non posso ingannarmi.
Il gelo mi brucia: un blocco d’argento,
e nella nebbia le dita
diventano sopra le unghie carbone di ghiaccio.
Tudor Arghezi
(Traduzione di Marco Cugno)
da “Accordi di parole”, (Poesie 1927-1967), Einaudi, Torino, 1972
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Sera d'aprile
Batte la luna soavemente
di là dei vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch'essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.
Antonia Pozzi (Milano 1912 Milano 1938)
Dipinto di Henry Cauchois
Antonia Pozzi nella cultura di massa:
È stata documentata nel cine-documentario della regista milanese Marina Spada, Poesia
che mi guardi, del 2009.
È citata nel film Chiamami col tuo nome, uscito nel 2017.
E nel libro; sette ragazze imperdonabili di Letizia Cesarini (in arte, Maria antonietta)
edito il 19/03/2019
Batte la luna soavemente
di là dei vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch'essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.
Antonia Pozzi (Milano 1912 Milano 1938)
Dipinto di Henry Cauchois
Antonia Pozzi nella cultura di massa:
È stata documentata nel cine-documentario della regista milanese Marina Spada, Poesia
che mi guardi, del 2009.
È citata nel film Chiamami col tuo nome, uscito nel 2017.
E nel libro; sette ragazze imperdonabili di Letizia Cesarini (in arte, Maria antonietta)
edito il 19/03/2019
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
foto: Monica Figuerroas
Non sai nulla del tuo passato. L’hai sognato
– Sì, certamente, l’hai sognato.
Vedo il tuo volto alla luce grigia della pioggia.
Novembre seppellisce il paesaggio e la mia vita.
Non so nulla, nulla voglio sapere del tuo passato.
I tuoi occhi mi parlano di brumose città lontane
Che mai vedrò
E mai dalla tua voce sentirò pronunciarne il nome.
Novembre è su tutta la mia anima, novembre è su tutta la pianura.
Ti vedo come una sconosciuta attraverso il Tempo che fu.
Sono cose morte ormai da anni,
– Irrimediabilmente morte –
Musiche soffocate, vizze lussurie.
Novembre, ne sono certo, è dietro la porta.
Nel tuo cuore vedo vivere quel che il tuo cuore dimentica.
La tua anima è lontana, lontanissima da qui. La tua anima straniera
È una notte di bruma,
Di bruma e pioggia sporca sui faubourg
Dove la vita ha il colore freddo della terra,
Dove uomini moriranno senza aver conosciuto l’amore.
Un tempo mi hai già incontrato, lo ricordi?
Sì, un tempo tristemente lontano,
Nel paese dei libri antichi e delle antiche musiche,
Nell’azzurro crepuscolo di una casa tranquilla
Dalle finestre letargiche.
Il fantasma delle parole che non ricordi
O che non hai pronunciato,
Dona uno strano senso alla tua presenza lontana.
Decifro nel libro del tuo silenzio
La tua storia morta per sempre, perfino per te.
La mia pallida ragione è un’illusione di chiarezza,
Un giorno di sole antico
Sulla strada dove la tua gioia incontrò il tuo dolore.
Tutto ciò forse non è mai stato
Ma se te lo rivelassi, moriresti di paura.
È triste come un giorno d’inverno in periferia
Dove incede la morte cittadina,
Come la malattia e il lutto in un lungo equivoco,
Come un rumore di passi in una casa sconosciuta
Come le parole «il tempo che fu» quando l’ombra è sul mare.
Non voglio saper nulla del tuo passato. Vedo
Spegnersi il giorno,
L’ultimo giorno sul tuo volto e sulle tue mani.
Lasciami il piacere d’ignorare le strade
Per le quali il caso ha saputo guidarti fino a me.
Ritrovo nei tuoi occhi la realtà dei sogni,
Sogni sognati ai vecchi tempi
E visioni sbocciate al sole della vita.
Nella penombra avvelenata dalla pioggia
Tutta un’eternità volge al termine.
Riconosco in te esseri misteriosi,
Viaggiatori dalle mete segrete
Incontrati un tempo nella bruma delle stazioni
Dove tutti i rumori hanno la cadenza degli addii.
A volte hai persino l’aria di una fiera
Con le sue luci in lacrime e i suoi fetori
Di muffa e vizio,
Con la sua miseria e la gioia malata delle sue musiche.
Ricordi di nostalgiche case da gioco
Si mescolano al caos del mio nervosismo.
Se me ne andassi, se chiudessi la porta, che faresti?
Sarebbe forse
Come se i tuoi occhi non m’avessero mai visto.
Il rumore dei miei passi morrebbe senza eco sulla strada
E solo notte io vedrei alle tue finestre.
È come se tu dovessi lasciarmi oggi
Subito e per sempre
Senza farmi sapere da dove vieni, dove vai.
Piove sui grandi giardini spogli, la tua anima ha freddo,
Novembre seppellisce il paesaggio e la mia vita.
Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz
(Traduzione di Massimo Rizzante)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Ulisse Sartini
Se al cuore si potesse dire:
non correre!
Se potessi ordinargli: brucia!
Già si spegne.
Ancora una scarpina,
ancora una mano,
ancora un anellino da cucito,
prima che la chiave giri e si apra quella porta
nella quale entriamo e piangiamo
per quella tremenda bellezza
che viene chiamata vita.
Non vergognatevi, il Signore Gesú pianse anche lui.
Cosí chiare ieri brillavano le stelle.
Perché però deve parlar di sé un solo
stelo,
se c’è l’erba?
Mi scuso con voi,
vi domando soltanto qualche parola.
Quando per i dolori crollai
e la morte già si leccava il dito
per spegnermi
la fiammella rossa del sangue,
venne colei che mi era la piú vicina,
s’inginocchiò accanto a me
e si chinò ancora
per soffiarmi nei polmoni in lunghi baci
il suo dolce respiro come a un annegato.
E colui che se ne stava andando
aprí nuovamente gli occhi
per afferrarsi disperato
alle spalle e ai capelli chini.
È forse possibile vivere anche senza l’amore;
ma morire senza,
questo è disperazione.
Ancora una fogliolina,
ancora un granello,
ancora una punta d’ago!
Che io possa ancora barcollare un momentino
nel mite perielio della femminilità,
che ci porta e riporta,
cerca e lascia,
provoca e trattiene,
accarezza e uccide,
ala e àncora,
laccio e raggio,
rosa e artiglio fino alla fine.
Jaroslav Seifert
(Traduzione di Sergio Corduas)
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Aolphe Bouguereau
I
Provavo a tendere la luce
quando il suo arco disteso all’improvviso
mi gettò in alto.
E mi ritrovai dapprima più lentamente, poi
più rapidamente
e poi
fulmineo come soltanto il pensiero
si coagula nelle costellazioni di parole –
sì, mi ritrovai a scivolare
sulle sue lunghe lance mobili,
con le code conficcate nel sole,
con le punte che corrono eternamente
verso non so che cosa, verso non so quando.
E poiché io stesso ero un fulmine,
staccato dalla terra come da una nuvola,
pareva che fossi e non fossi
verso il passato, dal futuro,
verso ciò che è stato da ciò che sarà,
un numero decrescente
cinque,
quattro,
tre,
da decine di migliaia, o forse anche da migliaia di migliaia.
II
In tal modo raggiungevo e superavo
le spine della luce,
le vecchie immagini staccate dalla terra.
Simile al ferro dell’aratro che strappa
e getta
su un lato la grossa zolla di terra,
la luce solca il caos e lo riempie
di figure, di immagini, di semi,
che di passaggio ha strappato
dalla scorza azzurra del globo
che ha arato nel tempo e ha
lasciato dietro di sé, da qualche parte.
Ridi, occhio, fendi il tuo orizzonte
e sii capiente e sii attento, sempre.
Lascia che la cascata del mondo irrompa
nell’antro affamato della mia anima.
E voi piedi, calcate lievemente le soglie.
Eccomi indietro l’adolescenza.
Scendo per i miei corpi ritrovati
come per una scala
e i ricordi hanno corpo, e il tempo ha innesto.
Ed ecco i miei amici dimenticati e il mio primo amore
e il settimo anno della mia vita ritrovato,
e il primo sì e il primo no
e il mio primo stupore
e l’aria di allora
sulla punta irrigidita di un raggio.
III
Sono caduto nel mio cuore
simile alla sabbia nella clessidra.
Sono caduto nel mio cuore di bambino
così come un cavallo crolla nell’inverno.
Sono caduto in un cuore che,
a contatto con me stesso,
facevo esistere sempre meno
e più spento.
Ogni suo battito ondeggiava sempre più disteso
e io nuotavo, nuotavo e ogni
bracciata spingeva,
sempre più lontano da me,
le rive.
E nuotavo, nuotavo
in mezzo a un mare di candore,
di solitudine, di cose passate.
Nuotavo, in un galleggiante
e trasparente oceano, nuotavo.
IV
Cosa cerco, mi chiedevo, cosa cerco
sulla lucentezza dei vecchi candori
fra queste punte di luce che fanno oscillare
paesaggi morti, dissolti
in spazi di solitudine?…
È la mia ora di adesso, più viva
della luce nel sogno
e sento miracoli molto più grandi
negli attimi che vengono
che negli anni radi.
Nichita Stănescu
(Traduzione di Fulvio del Fabbro e Alessia Tondini)
da “Il diritto al tempo”, 1965, in “La guerra delle parole”, Le Lettere, Firenze, 1999
Fonte: i miei amati poeti
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Cercando stelle
Affascinante
mizar alcor il carro
luce di stelle
Eroil (28/03/2020)
Affascinante
mizar alcor il carro
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Eroil (28/03/2020)
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Località : Neverwinter
Re: La poesia: rime nuove rime antiche
In casa...
Pensando ad ammalati
da virus aggrediti
e curanti
devastati entrambi
vorrei aiutare,
cognizione medica non c'è
anzianità impedisce
movimenti e ragionamenti,
pregare...
Sapessi pregare una preghiera
basterebbe, senza pensare,
miliardi di volte ripetuta.
Posso solo restare in casa
per evitare di contagiarmi
ed altri altre infettare,
il mio piccol aiutare, in casa...
Eroil
(23/03/2020)
Pensando ad ammalati
da virus aggrediti
e curanti
devastati entrambi
vorrei aiutare,
cognizione medica non c'è
anzianità impedisce
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pregare...
Sapessi pregare una preghiera
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miliardi di volte ripetuta.
Posso solo restare in casa
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Eroil
(23/03/2020)
Ultima modifica di eroil il Mer Apr 01, 2020 3:20 pm - modificato 1 volta.
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Re: La poesia: rime nuove rime antiche
Pensierino serale
A quello fatto nella vita
a quello da fare ancora
Penso...
A quello da rifare ma non posso,
a quello da rifare se posso
Penso...
Covid, pandemia impera...
Eroil (19/03/2020)
A quello fatto nella vita
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Eroil (19/03/2020)
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